Firenze, 30 luglio 2013 - AMAVA i gatti e non vedeva il disordine. Aveva gli occhi azzurri, l’erre moscia, i capelli bianchi spettinati e una bella faccia aperta con l’espressione da bambino. Se n’è andato l’altra notte nella sua casa di ‘campagna-mare’, come la chiamava lui, Silvio Loffredo, uno dei più grandi pittori e scultori italiani. Si era trasferito lassù, sul cucuzzolo di Arcola, vicino a Trebbiano in provincia di La Spezia perchè Firenze era diventata troppo complicata per una persona stanca, malata e affaticata di 93 anni. Fino all’altra sera Loffredo era stato nello studio, tra i suoi meravigliosi dipinti, e quei battisteri che sono riusciti a fare più grande Firenze nel mondo. E’ la necessità di trovarsi in un ambiente intellettualmente e artisticamente stimolante che lo porta qui nell’immediato dopoguerra.

Anche se era nato a Parigi, a Montparnasse, da una famiglia italiana. Suo padre era un pittore famoso,gli insegnò i primi segreti del mestiere. Arriva a Firenze per studiare e frequenta prima l’Istituto d’Arte di Siena, poi l’Accademia di Belle Arti di Roma e di Firenze. In poco tempo Loffredo diventa una delle figure di riferimento dell’arte italiana. E’ amico di Ottone Rosai e Ardengo Soffici, e promuove, arricchendo questa città che è sempre ingrata coi veri artisti che non cercano fama e soldi, un continuo scambio di esperienze tra Italia e Francia.

Impossibile non dire degli anni ’60 quando Loffredo va in Svizzera e lavora con Oskar Kokoschka, che diventa suo maestro e riferimento che influenzerà la sua ricerca stilistica. In ogni dipinto e in ogni scultura di Silvio Loffredo traspare tutta la carica interpretativa di un artista che riesce ad imprimere a ciò che osserva e vive sulla propria pelle. Con la sua sensibilità è stato capace di fondere nei suoi lavori vita privata, drammi umani ed eventi storicamente avvenuti con un nuovo stile pittorico all’avanguardia per i tempi in cui ha vissuto. Riuscendo ad aprire la strada ad un nuovo modo di vedere ed interpretare il mondo, con cui tutti i futuri pittori d’arte moderna hanno dovuto fare i conti. Loffredo era e resterà non solo un artista, ma una persona generosa e giusta: diciamo addio al creatore del mosaico del Giardino del Tramonto a San Casciano, dedicato alle bambine vittime della Strage dei Georgofili. E alla fine, davanti a una vita intera spesa nell’arte, non aggiunge meriti essere stato alla Biennale di Venezia, o se Pontassieve gli aveva consegnato per i 90 anni, il Ponte Mediceo. O ancora se Firenze gli aveva offerto il Fiorino d’Oro. Di Loffredo rimarranno le immagini di una vita spesa a consacrare sulle tele sentimenti, emozioni e fatti che hanno colpito la sua sensibilità di uomo. I funerali oggi alle 14,30 nella Chiesa parrocchiale di Trebbiano.