Firenze, 2 giugno 2012 - Dopo un restauro durato 10 anni, torna visibile il più bello dei portali del Duomo di Firenze: la Porta della Mandorla, ultima delle sette porte della Cattedrale ad essere decorata. Il poetico nome le deriva dalla gotica aureola a forma di mandorla, sorretta da angeli, dentro cui la bellissima Madonna Assunta eseguita da Nanni di Banco, porge la sacra cintola ad un incredulo San Tommaso, mentre nell'angolo inferiore destro, un misterioso orso s'arrampica ad un albero. Il restauro ha interessato non solo la Porta della Mandorla, ma un'ampia porzione della facciata pari a circa 700 metri quadri.

 

Si tratta dell'opera monumentale che meglio documenta l'evoluzione della scultura fiorentina tra la fine del Tre e gli inizi del Quattrocento: un frontispizio di marmo in rilievo e intarsiato alto 18 metri, realizzato tra il 1391 e 1422 da maestri di più generazioni tra cui Donatello, Giovanni Tedesco, Lorenzo d'Ambrogio, Niccolò di Pietro Lamberti e Bernardo Ciuffagni e soprattutto Nanni di Banco. Nanni e i suoi collaboratori realizzeranno questa scena monumentale in 11 sezioni, verosimilmente assemblate in loco dopo il decesso del maestro nel 1421. Fu infatti la morte prematura dell'artista a oscurare la fama dell'opera, elogiata dal Vasari ma da lui erroneamente attribuita a Jacopo della Quercia. Tra i collaboratori di Nanni di Banco si ipotizza anche la presenza del giovane Luca della Robbia per la forte rassomiglianza di alcuni degli angeli musicanti con i fanciulli che Luca eseguirà per la celebre cantoria di Santa Maria del Fiore, oggi al Museo dell'Opera.

 

Il restauro della Porta della Mandorla è stato eseguito dall'Opera di Santa Maria del Fiore sotto la direzione di una commissione di tecnici dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Firenze, Prato, Pistoia e della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze e dell'Opera stessa.

 

Hanno preso parte al restauro anche alcuni Istituti del CNR di Firenze quali l'Istituto di Fisica Applicata "N. Carrara" (IFAC-CNR) e "l'Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali", nonché il Dipartimento di
Scienze Ambientali dell'Università di Siena (DSA-UNISI), il CNR Padova e il laboratorio Scientifico dell'OPD di Firenze. Il restauro eseguito con la tecnica del laser ha completamente rimosso lo strato di depositi atmosferici e
gli scialbi, lasciando in molte zone un sottile strato della pellicola, ben legata al marmo sottostante, che può esercitare un'azione protettiva contro la solfatazione ed erosione ambientale.

 

Le piccole modulazioni cromatiche e di luminosità che si osservano oggi sull'opera, sono attribuibili al rispetto della pellicola a ossalati e a effetti locali di penetrazioni di sostanze oleose e pigmenti solubilizzati al di sotto della superficie del marmo. "Queste, su un capolavoro realizzato sei secoli fa -affermano Salvatore Siano IFAC-CNR e Paolo Bianchini dell'Opera nella relazione del restauro - non sono altro che la traccia tangibile del suo vissuto: da un lato non sarebbe stato possibile eliminarle senza danneggiare l'opera, dall'altro si sarebbe riportato la superficie a un candore che non ha mai avuto".

Fonte Agi