"Non la voleva stuprare". Il giudice lo scarcera, scoppia la polemica

Tentata violenza con il cappio, l’indiano è già libero.

Firenze di notte (foto Cabras/New Pressphoto)

Firenze di notte (foto Cabras/New Pressphoto)

Firenze, 28 febbraio 2017 - "Nessun atto di violenza sessuale". E quella sorta di confessione? "Non convincente". Così Singh Harwinder, il 29enne di origini indiane arrestato la settimana scorsa per il tentato stupro di una giovane che stava rincasando di notte dopo aver lavorato, viene subito scarcerato. Decisione, quella del gip Francesco Bagnai, che ha fatto infuriare la procura: il pm Sandro Cutrignelli farà ricorso in Cassazione.

La vittima, peraltro, aveva anche scritto una lettera aperta per chiedere più sicurezza (CLICCA QUI).

Ma il difensore dell’indiano, che è tornato a Fiumicino dove lavora come bracciante con un obbligo di dimora notturno, l’avvocato Chiara Rugi, saluta con soddisfazione la decisione del giudice: "Gli addebiti a Singh sono stati travisati", dice. All’indiano era stata attribuita una frase inequivocabile: "Me la volevo s...". Niente: secondo il gip, quelle "dichiarazioni spontanee" non sarebbero convincenti, "perché in effetti Singh non parla bene l’italiano, anzi non lo parla quasi affatto, ed inoltre si trovava in una condizione di evidente costrizione". E nell’interrogatorio di convalida, l’indiano fornisce una versione diametralmente opposta e accusa anche gli operatori intervenuti.

"E’ vero che ho seguito la ragazza – ha raccontato – ma l’ho fatto perché qualcuno mi aveva appena rubato il cellulare, erano in due, un ragazzo e una ragazza e io ho seguito quella che mi sembrava la ragazza autrice del furto: ho chiesto indicazioni per la stazione a una coppia che era in bicicletta, loro mi hanno chiesto l’ora e quando ho tirato fuori il cellulare dalla tasca, me lo hanno preso e sono andati via. Quando mi sono accorto che la ragazza che ho aggredito non era la stessa che mi ha rubato il cellulare l’ho lasciata andare. Ero ubriaco e quindi non ricordo esattamente tutto".

"Ripeto – ha aggiunto – che io volevo solo recuperare il cellulare, ho provato a spiegarlo alla polizia e a quelli della guardia di finanza ma non mi hanno nemmeno ascoltato, mi hanno picchiato e non mi facevano parlare".

Tesi apparentemente zoppicante (se il cellulare che risulta effettivamente rubato gli è stato preso da una coppia in bicicletta perché insegue la cameriera che sta camminando a piedi per centinaia di metri?) ma che ha convinto il giudice a concedere le esigenze cautelari "solo in relazione al reato di lesioni personali perché l’aggressione realizzata dal Singh è stata comunque sproporzionata rispetto alla situazione e quindi fa ritenere che egli sia incline alla violenza e che potrebbe reiterare condotte simili".

Ma, cadendo i gravi indizi per il tentativo di stupro, la misura del carcere diventa "sproporzionata rispetto al reato per il quale ricorrono gravi indizi", cioè le lesioni. E nonostante un laccio usato come un’arma impropria, l’indiano, in Italia da sei anni, è di nuovo (quasi) libero.

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