"Noi, i condannati della movida". In aula le ‘vittime’ di via de’ Benci

Materassi alle finestre e case vendute: i racconti al processo ai locali

Movida (foto d'archivio)

Movida (foto d'archivio)

Firenze, 22 giugno 2017 - C’È CHI ha comprato casa da un’altra parte e chi mette la gomma piuma tra le persiane e le doppie finestre. Tutto questo contro i decibel, gli schiamazzi, il brusio dei discobar giù in strada. Il processo ai locali di via de’ Benci è arrivato al dunque: l’audizione delle «vittime». Una sfilata di residenti anche ieri mattina davanti al giudice Boninsegna per raccontare cosa significa abitare nella movida. Ma questo non è un dibattimento sul degrado. I locali di Santa Croce, infatti, sono sotto accusa per disturbo della quiete pubblica. Nello sviluppo di quell’inchiesta che fece molto clamore, culminata pure nel sequestro notturni dei locali e dei dehor fuori legge.

MA PERCHÉ via de’ Benci si è ritrovata cosi? Con la ztl notturna la situazione migliora? Abbiamo provato a chiederlo alle persone in attesa del loro turno in aula. Innanzitutto, secondo i residenti, il minor passaggio di macchine non contribuisce al loro sonno. Paradossalmente, la strada libera facilita ancora di più la sua occupazione dai parti degli invasori con il drink. A proposito: i mojito vengono serviti nei bicchieri di plastica, i cui resti restano abbandonati un po’ ovunque, nel quartiere.

Per quanto riguarda «l’origine» di questa situazione, è da ricercarsi nella normativa che ha impedito il fumo dentro i locali, imponendo così implicitamente l’uscita all’esterno di chi si accende una sigaretta, ma anche nelle liberalizzazioni che hanno consentito le nuove aperture dei discobar. E su questo punto, il dente è avvelenato anche nei confronti degli amministratori comunali.

Ma dal punto di vista legale, come finirà questo processo comunque singolare? La strategia dei locali è dettata soprattutto da una sentenza della Cassazione che sembrava aver di fatto annullato il processo. «I gestori non possono essere responsabili di ciò che fanno i loro clienti una volta usciti in strada», è il pensiero della Suprema Corte.

Nelle prime udienze, sono stati sentiti anche i vigili urbani che hanno partecipato alle indagini. Secondo l’ex comandante della Municipale, Antonella Manzione, in certe sere in via de’ Benci non c’erano neppure le condizioni di sicurezza per identificare gli autori degli schiamazzi. Un assist per i difensori dei 19 locali, che vogliono appunto dimostrare di non aver «armi» contro i comportamenti al di fuori della loro gestione.

LE ACCUSE sono, per tutti gli imputati, di disturbo della quiete pubblica e, per qualcuno, di occupazione del suolo pubblico relativamente ai dehors posti sulla via. Ma fece rumore anche il provvedimento che scattò dopo le indagini condotte dal pm Luigi Bocciolini: lo chiamammo il «coprifuoco», visto che ogni locale doveva chiudere alle 22 di sera e riaprire non prima delle sette del mattino seguente. Un sequestro che andava a colpire l’orario di punta di questi bar e che arrivò per di più nella stagione, quella invernale, in cui queste attività lavorano di più e danno occupazione anche a un maggior numero di persone.

Oggi, come è stato ricordato in aula, i locali hanno degli steward che almeno cercano di tenere l’ordine. Ma c’è anche la musica, altro disturbo del loro riposo.

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