Carabinieri accusati di violenza, parla l'appuntato: "Non mi sembrava ubriaca"

Uno dei due militari al proprio avvocato: "Sono devastato, non so perché mi sono fatto trascinare in questa situazione"

Due studentesse a Firenze (New Press Photo)

Due studentesse a Firenze (New Press Photo)

Firenze, 10 settembre 2017 - Si dice "devastato", consapevole di "aver fatto una cosa inqualificabile" ma anche di non saper spiegare "perché mi sono fatto trascinare in questa situazione": così al proprio difensore, avvocato Cristina Menichetti, l'appuntato dei carabinieri accusato insieme al collega di pattuglia di aver violentato a Firenze una delle due studentesse americane che hanno denunciato i militari di stupro.

"Da 20 anni sono nell'Arma e aiuto le persone, anche correndo dei rischi", "non so perché mi sono fatto trascinare in questa situazione", ha detto - secondo l'Ansa - al suo legale il militare che ha cercato un difensore per andare volontariamente in procura venerdì scorso a farsi interrogare, prima di essere convocato dagli inquirenti. Le stesse cose, anche in termini diversi, sono state dette dal militare al pm Ornella Galeotti, titolare dell'inchiesta, nel cui ufficio è rimasto dalle 13.20 alle 14.40. Al momento, si apprende dal difensore, l'appuntato non ha ricevuto né avvisi di garanzie né notifiche per compimenti di atti di indagine.

La studentessa americana che lo ha denunciato "non mi sembrava ubriaca, non barcollava, non puzzava di alcol, connetteva bene i discorsi" e "non credevo che fosse così giovane: aveva un'aria più matura, vicino alla trentina di anni, mi sembrava più grande di età, più matura", sono altre parole riferite all'avvocato dal militare.

ECCO TUTTA LA VICENDA

«Appena siamo entrate nel palazzo, ci sono saltati addosso. Io non ho urlato perché ho avuto paura delle armi» racconta una delle due ragazze americane che accusano i due carabinieri di stupro. Oltre vent’anni di servizio, per il più alto in grado della pattuglia di carabinieri sott’inchiesta per stupro. L’altro, più giovane, residente a Prato, era invece stato assegnato da poco al nucleo radiomobile, il pronto intervento, il 112. «Ero stordita, non mi sono resa bene conto di cosa mi stesse facendo, poi non sono riuscita a reagire», aggiunge l’altra.

IL PADRE DI FAMIGLIA E IL GIOVANE PRATESE: ECCO CHI SONO I MILITARI INDAGATI

Sono i passaggi più drammatici delle testimonianze rese dalle due studentesse americane alla polizia, confermate nell’interrogatorio in procura, proseguito fino alla tarda sera di giovedì e culminato nell’iscrizione sul registro degli indagati dei due carabinieri del nucleo radiomobile di Firenze. Momenti difficili, concitati. Delicati.

Per gli inquirenti, alle prese con una vicenda che da incredibile è diventata via via più concreta. Sono giovani, giovanissime. Stordite. Sotto choc. Erano arrivate a Firenze da poco, alla fine di agosto, meno di un mese fa. Una originaria del New Jersey, l’altra del Maine: la curiosità dei loro vent’anni e sei mesi davanti per studiare l’arte, l’italiano, e, come tanti altri coetanei e coetanee che affollano le notti fiorentine, pure qualche eccesso. Sì, una delle due ragazze aveva alzato troppo il gomito, forse aveva pure fumato, in quella serata di mercoledì al «Flò», terrazza danzante affacciata sui monumenti in cui si era radunata una comitiva a stelle e strisce dell’università.

Università che adesso le segue come una mamma, di pari passo con le autorità americane. Appena arrivate, avevano frequentato entrambe un corso di benvenuto che le scuole organizzano per gli studenti. Una descrizione della città, consigli su cosa fare, qualche ammonimento su dove non andare e una raccomandazione: in caso di difficoltà, affidarsi alle forze dell’ordine. E così è stato, quando, dopo la serata in discoteca, non riuscivano a trovare un taxi per tornare dal piazzale Michelangelo al centro storico, dove avevano preso l’appartamento in affitto. L’androne, l’ascensore, il pianerottolo, hanno offerto agli inquirenti le conferme al loro racconto: qui sono state raccolte tracce biologiche attribuite ai due carabinieri e pure gli indumenti consegnati dalle ragazze documentano gli avvenuti contatti intimi.

Dall'America è subito arrivato il papà di una delle due ragazze, in città già ieri pomeriggio. L’altra, doppia cittadinanza italiana e statunitense, ha nominato un legale, l’avvocato Gabriele Zanobini. «In questo momento preferiamo non rilasciare nessuna dichiarazione», dice, stoppando le domande. Dopo ore ed ore senza sonno, spremute dagli investigatori, ieri hanno chiesto di poter riposare. Ma una dormita non basterà a cancellare l’incubo.

INDAGINI DELLA PROCURA MILITARE - Intanto anche la Procura Militare di Roma ha aperto un'indagine per i propri aspetti di competenza in relazione alla denuncia di due studentesse americane. E il ministro della difesa Roberta Pinotti ha dichiarato che "gli accertamenti sono ancora in corso ma risulta una qualche fondatezza rispetto alle accuse che vengono mosse".

IL RACCONTO DELLE RAGAZZE - Mercoledì notte le ragazze erano in una discoteca al piazzale Michelangelo. Quella stessa sera tre pattuglie dei carabinieri erano intervenute per sedare una rissa scoppiata davanti al locale. E proprio in una delle tre pattuglie si imbattono le giovani americane. All'uscita della discoteca avrebbero chiesto informazioni a dei carabinieri in divisa, in servizio. I due militari avrebbero detto alle ragazze: "Vi accompagnamo noi a casa". Le ragazze si sarebbero fidate degli uomini in divisa. L'auto le ha portate in Borgo Santi Apostoli, dove vivono in affitto. Gli inquirenti hanno identificato i due carabinieri anche grazie ad alcune telecamere che hanno ripreso il passaggio della pattuglia. 

La notizia sui siti internazionali

Il console generale americano ha incontrato il questore di Firenze

E c'è intanto la reazione del Dipartimento di Stato Usa, che informa che "sta prendendo le accuse formulate molto seriamente"

 

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