"Noi, unici inquilini rimasti nel palazzo di bed & breakfast"

Le nuove tendenze del turismo, alimentate da Airbnb e simili, portano a storie come questa

Giuseppe e Maria, gli unici inquilini rimasti nel palazzo tutto affittato ai turisti

Giuseppe e Maria, gli unici inquilini rimasti nel palazzo tutto affittato ai turisti

Firenze, 24 maggio 2017 - Era il 2010 quando il primo proprietario decise di arrendersi e consegnare le chiavi del suo appartamento ai turisti. Con un piccolo intervento di ristrutturazione lo divise in tre bilocali, le entrate compensarono subito i costi tanto da convincere anche i suoi vicini a fare lo stesso: prendere una casa in periferia e mettere nel circuito degli affitti mordi e fuggi l’abitazione di famiglia. Così all’interno del condominio che si affaccia su via Romana, una vecchia dependance di Palazzo Pitti che strizza l’occhio al giardino di Boboli, oggi sono più gli affittacamere che i residenti.

Chi resiste ha più forza d’animo degli scampati all’Alluvione. Come Giuseppe Bellatti e sua moglie, Maria Vannello. Loro sono gli ultimi inquilini di un condominio ormai preda di ostelli e bed and breakfast: su tredici appartamenti, dodici sono stati trasformati in strutture ricettive. Era il 1958 quando Giuseppe con la famiglia si trasferì in via Romana, allora abitata da avvocati, imprenditori, gente del posto.

Sentire un accento d’oltre Stivale era quasi impossibile. «Oggi è la normalità, ci sentiamo stranieri in casa nostra» racconta Giuseppe che dal 1977, invece, condivide l’appartamento con la moglie Maria. «Siamo accerchiati da un turismo che anziché arricchire ci impoverisce» apre le spalle. In effetti, non è facile per la famiglia Bellatti. Si sentono come ospiti poco graditi di un albergo nel centro città. «Nel nostro palazzo gli stranieri fanno come vogliono, si ubriacano, urlano, sbattone porte. Camminano sui tacchi anche a notte inoltrata, ci svegliamo di continuo. Lasciano le valigie per le scale e ci impediscono di entrare».

E la spazzatura viene lasciata in ogni angolo tanto che Giuseppe e Maria sono stati costretti a mettere un cartello fuori: ‘Ci sono i cestini’.

«Sa come mi hanno risposto? – è una furia Maria – Con un altro cartello: ‘Questa non è una casa di cura’. Purtroppo la maggior parte dei forestieri sono maleducati, per nulla interessati alla storia della città». Capita, infatti, che persone «scambino il Cestello per il Duomo o piazza Pitti per piazza della Signoria».

A pensare che un tempo via Romana era una delle strade più vive e fiorentine della città. C’erano gli artigiani, le persone che la domenica mattina frequentavano la messa, i visi amici. Oggi di tutto questo non c’è più niente. Un lontano ricordo sempre più sbiadito dal tempo e dagli anni che passano e lasciano sempre più terreno al turista.

«E’ come se fossimo clienti di un albergo all’interno di un grande luna park» sussurra Maria. Via Romana non è niente di più dello specchio di una città che cambia, di un passato sempre più lontano. Del nuovo che avanza e fa a spintoni. «Prima che morisse mio padre – torna indietro nel tempo Giuseppe – mi chiedeva: ‘Ma perché tutti questi turisti’. Io gli rispondevo: ‘Sono i tempi che cambiano papà’. Lui non riuscì mai ad abituarsi a questo via vai di valigie. Io nemmeno». I coniugi Bellatti ci provano a resistere ma chiedono aiuto e più attenzione «per chi ce la mette davvero tutta». Tanto di cappello.

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