"Irene Focardi è presente?" Ma lei è già morta uccisa dall'ex

In tribunale il processo all’assassino per un episodio di lesioni del dicembre 2013

Irene Focardi

Irene Focardi

Siena, 20 maggio 2017 - «Focardi Irene è presente?» La domanda di routine del giudice, rivolta alla parte lesa del procedimento, racchiude tutto il paradosso di questo caso. No, Irene Focardi non c’era, ieri mattina in tribunale, e non ci potrà mai essere perché è stata massacrata, uccisa e chiusa in un sacco ritrovato in fondo a un fosso nel popoloso quartiere delle Piagge, alla periferia di Firenze. Il corpo venne rinvenuto un sabato pomeriggio di marzo del 2015. Di lei, ex commessa del centro di Firenze, non si avevano più notizie da settimane e si era messa a cercarla pure la trasmissione «Chi l’ha visto?».

Per la sua morte, l’ex fidanzato, Davide Di Martino, è stato condannato in primo grado all’ergastolo. E c’è di nuovo lui davanti al giudice, per rispondere, stavolta, del reato di lesioni. E pensare che l’escalation di violenze è cominciata proprio da questo episodio, dalla turbolenta sera del 3 dicembre del 2013, quando arrivarono le volanti della questura e trovarono la donna, che si era rifugiata a casa di un’amica che abitava nello stesso condominio del fidanzato, nuda dalla cintola in su, tumefatta in volto e sotto choc. Va detto che Di Martino è già stato condannato per maltrattamenti a tre anni e nove mesi e secondo i suoi legali, gli avvocati Cinzia D’Addario e Massimo Megli, anche questo episodio per cui viene processato adesso è in qualche modo assorbito in quel dibattimento.

«I maltrattamenti contestati a Di Martino sono lesioni ripetute e nella sentenza si fa riferimento a questo specifico episodio – sostiene l’avvocato Megli -: penso che ci troviamo di fronte a quello che tecnicamente si definisce un ‘giudicato interno’». Di avviso opposto il pm, Ornella Galeotti, e a quanto pare anche il tribunale, che ha già fissato la prossima udienza, in cui verrà ascoltata la madre della povera Irene. Però, a sentire parlare di botte, sangue, denunce sporte e poi ritirate, di litigi e perdoni, viene almeno da chiedersi se non poteva essere fatto qualcosa in più, per evitare ciò che è poi accaduto; per mettere in guardia un’anima in difficoltà, com’era la Focardi precipitata nel tunnel dell’alcol, così disorientata da tornare puntualmente tra le braccia dell’uomo che poco prima aveva querelato. Quando avvenne l’ultima, tragica lite, Di Martino si trovava agli arresti domiciliari, nel suo appartamento in via Liguria. Ma Irene, la maltrattata, era ancora lì. Da lui, con lui. Nonostante i precedenti e le denunce. Anche ieri, Di Martino – che non si è mai perso una delle tante udienze che lo riguardano – ha fatto dichiarazioni spontanee. Ha inteso ridimensionare le liti, dividere la colpa di quei lividi tra il vino e il carattere fumantino della donna. E soprattutto che non era l’unico, ma uno dei tanti. Forse pensando più al processo d’appello per l’omicidio, che a questa accusa: la più lieve, ma forse la più pesante, perché è da qui che è tutto è cominciato. O finito.

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