Quel Faust lasciato a metà

Firenze, 21 gennaio 2017 - Alla fine è restato il rammarico. Perchè dal punto di vista musicale il Faust di Charles Gounod andato in scena all'Opera di Firenze ha lasciato ottime impressioni. Ma a un'opera in forma semiscenica manca sempre qualcosa, e lo sciopero indetto per la prima rappresentazione ha sicuramente privato il Faust della spettacolarità prevista (e anche attesa) dalla regia di David McVicar.  Per questo l'attenzione si è dovuta concentrare sulla parte musicale. E in attesa delle consuete parole del nostro critico musicale Giuseppe Rossi sul giornale del 22 gennaio, diamo qualche elemento di valutazione in vista delle prossime repliche. E una volta tanto ci possiamo permettere di partire da chi è citato sempre in fondo, ovvero dal coro, diretto magistralmente da Lorenzo Fratini. La componente artistica del Maggio Musicale ha retto il secondo atto con sicurezza e autorevolezza dando luce alle pagine di Gounod tra contrappunto (Vin ou bière) e melodia (La valse). 

In questo è stato agevolato (così come l'orchestra) dalla lettura di Juri Valchua, brillante ma capace al tempo stesso di pianissimi pieni di fascino. Si pensi alla canzone del gioiello di Marguerite, a cui Carmela Remigio ha saputo dare il giusto cambio di registro tra la delicatezza iniziale della sua presenza in scena alla drammaticità conlcusiva. Paul Gay ha dato vita un Mefistofele con più musicalità che potenza, anche se con molta presenza scenica. Elegante il Faust di Wookyung Kim anche se con qualche incertezza nelle note acute. Fra le altre parti segnaliamo l'ottimo Valentino di Serban Vasile. Ora ci auguriamo che gli spettatori delle repliche possano godere dello spettacolo completo. Sarebbe veramente un peccato, dato che il lavoro di Gounod mancava da Firenze da oltre trent'anni.