Omicidio di Ravenna, svolta nel sangue. "Tre impronte del dermatologo Cagnoni"

La procura rivela le nuove tracce

Giulia Ballestri e il marito Matteo Cagnoni

Giulia Ballestri e il marito Matteo Cagnoni

Ravenna, 12 ottobre 2016 - Non una prova, ma la prova. Rischiano di essere questo, le tre impronte digitali su altrettante macchie di sangue isolate su tre differenti punti della villetta di Ravenna nella quale la 39enne Giulia Ballestri è stata ammazzata la mattina del 16 settembre scorso con una dozzina di bastonate in testa. Un delitto per il quale da 24 giorni è in carcere il marito della donna, il noto dermatologo Matteo Cagnoni, 51 anni. E secondo quanto trapelato ieri mattina dai corridoi del Tribunale di Bologna mentre era in corso l’udienza del Riesame, quelle impronte digitali sarebbero proprio del 51enne con una corrispondenza che supera la soglia fissata dalla legge. Mentre alla donna potrebbero appartenere le macchie ritenute di sangue, due delle quali individuate su una parete e su un frigorifero.

LA CAUTELA formale s’impone per una ragione tecnica: per analizzare tali tracce, occorrerà procedere per incidente probatorio, cioè nel contraddittorio delle parti. È evidente tuttavia sin da subito che il sospetto che possano essere tracce ematiche della 39enne è davvero altissimo, visto che sono state tutte repertate dalla polizia Scientifica all’interno della villetta di famiglia di via Padre Genocchi, a due passi dalla stazione di Ravenna, dove la donna è stata ammazzata con un tronco lungo 55 centimetri e del diametro di 6. E nella cui cantina poco dopo la mezzanotte del 18 settembre è stato ritrovato il cadavere. Un colpo a sorpresa dunque quello che la procura ravennate ha svelato lunedì, termine ultimo di deposito degli atti in vista dell’udienza di ieri. Dei documenti, oltre a nuovi elementi tecnici, fanno parte anche inedite testimonianze circa gli ultimi spostamenti del sospettato e la sua relazione con la moglie soprattutto in ragione del movente finora delineato: ovvero – come ha scritto il gip di Ravenna nella sua ordinanza di carcerazione sulla base di varie testimonianze – «l’ossessione per lo sputtanamento» che sarebbe arrivato nei contesti altolocati della città romagnola nel caso si fosse saputo della relazione che la 39enne da fine 2015 aveva con un vecchio compagno di scuola, tanto da essersi risolta a chiedere la separazione.

CAGNONI, che ha sempre precisato di aver chiesta lui la separazione, si è finora detto innocente, indicando in uno dei magrebini che frequentano la villetta di Ravenna, da tempo disabitata, il possibile omicida. Davanti ai giudici bolognesi, si è limitato a spontanee dichiarazioni sulla fuga dalla polizia che, a una decina di minuti dal ritrovamento del cadavere della moglie, era giunta nella villa paterna di Firenze nella quale il 51enne si trovava coi tre figli dal giorno dell’omicidio. Alla fine dell’udienza il dermatologo è tornato nel carcere di Sollicciano in attesa della decisione dei giudici. E con un pensiero in più per la testa: quelle tre impronte digitali.

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