Crollo del lungarno, finisce a tarallucci e vino: chiesta l'archiviazione

Il pm: "Nessun colpevole per il disastro, ma potrebbe ricapitare"

Lungarno Torrigiani, sprofonda parte della sede stradale

Lungarno Torrigiani, sprofonda parte della sede stradale

Firenze, 17 dicembre 2016 - Non sono stati individuati possibili responsabili, ma esiste il rischio concreto che si possano verificare "altri casi analoghi, atteso che allo stato non risultano sussistere presìdi tali da impedirne la ripetizione". Insomma, c’è il rischio che il crollo di lungarno Torrigiani dello scorso 25 maggio non resti l’unico, in una Firenze dove, hanno stabilito le perizie, il 36% dell’acqua (potabile) che scorre nei tubi (vecchi) si disperde e può silenziosamente scavare altre voragini senza che nessun dispositivo possa segnalare l’evento. Anzi, per il sostituto procuratore Gianni Tei, che in questi mesi ha comparato perizie contrastanti (quella di Publiacqua attribuiva le responsabilità alle copiose piogge e allo scivolamento della collina, quella della procura la smentiva) e scandagliato lo stato delle tubazioni, un episodio simile, seppur meno roboante, è già accaduto: meno di due mesi, fa, il 24 ottobre in via dei Cappuccini, a Rifredi, la strada s’allagò per colpa della rottura di un tubo posto sotto il manto stradale.

"Ciò posto - scrive il magistrato – si deve rilevare che la situazione attuale non è però riconducibile alla condotta di ben individuati specifici soggetti in un determinato e circoscritto arco temporale, ma la sommatoria di decisioni e provvedimenti a carico di più soggetti competenti e che si estendono in un orizzonte di tempo pluriennale con livelli di responsabilità diverse e diffuse e, pertanto, suddivisi tra un numero identerminato, ma cospicuo di soggetti che a vario titolo hanno concorso a determinare la situazione sopra riportata e di cui il crollo del lungarno Torrigiani è solo un grave epilogo".

La "colpevole" archiviazione decisa dalla procura, dunque, non risparmia critiche agli amministratori, che non hanno ad esempio dotato gli impianti "di idonei ed adeguati presìdi tal da permettere una individuazione più precisa delle zone dove si verificano le perdite in atto e quelle sopravvenute", come appunto il lungarno Torrigiani o la recente via dei Cappuccini. Manca totalmente, sottolinea il pm, la "distrettualizzazione dell’acquedotto", accorgimento che "permette una individuazione più precisa delle zone dove si dovessero verificare delle perdite".

Poi c’è la questione sulla "salute" dei tubi. Quello rotto, una conduttura in ghisa denominata ‘Dn600’, era "in avanzato stato di ossidazione" e "la frattura causatasi è più ampia della sezione della condotta". L’indagine ha stabilito che il tubo che correva sotto il lungarno risale almeno agli anni ’50 mentre l’autorità nazionale Aeegsi (autorità per l’energia elettrice, gas e sistema idrico) “tollera” tubi non più vecchi di 40. Ma, conclude il pm, arrivare ad infrastrutture di età inferiore è un "risultato irraggiungibile alle condizioni attuali di gestione del servizio, atteso che ogni investimento deve trovare la sua copertura esclusivamente nelle tariffe".

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