Firenze, 11 maggio 2014 - SADICO è sadico ‘Sauro’, nome di copertura usato spesso da Riccardo Viti al momento di presentarsi alle prostitute con fare bonaccione e timido. Spiega che cosa desidera, tratta sul prezzo, offre molto di più della ‘tariffa’ abituale. Almeno finché non rimane disoccupato e allora da 150 scende: Andreea Cristina è morta per 30 denari. Alcune donne dicono di no, molte accettano, sono ‘ingaggiate’. Inciso che potrebbe rivelarsi più importante nel futuro andamento processuale della vicenda: il consenso delle donne salite a bordo dei suoi furgoncini, nel caso della sventurata 26enne rumena; in quelli (tanti) che lui si è già attribuito; in quelli che gli dovessero essere attributi con le indagini, denunciati o meno dalle vittime delle violenze sessuali. Per ora la presenza di Viti — e relative responsabilità per l’ultimo e gli altri episodi — è accertata in 4 occasioni: domenica scorsa, il 21 febbraio scorso, nel 2011 e nel 2013. Decisivo il test del dna, isolato in tre casi dai carabinieri, nell’ultimo dalla polizia. La comparazione ha dato un esito definito dagli inquirenti «inoppugnabile».

IL DECRETO di fermo di indiziato di delitto firmato dal procuratore Paolo Canessa sulla scorta dei tanti elementi raccolti dalla Mobile e segnatamente dalla sezione Omicidi, guidate rispettivamente dal dirigente Lorenzo Bucossi, e dal vicequestore aggiunto Alessandro Ausenda, è per i reati di omicidio, sequestro di persona e violenza sessuale. Tra questi elementi spiccano alcune testimonianze rese dalle vittime e da persone intervenute in loro soccorso. La testimone M.C. rivela alla polizia che sta svolgendo accertamenti in via del Cimitero che «un paio di mesi fa, di pomeriggio, mentre era in casa, sentì gridare, e davanti alla porta trovò una donna nuda, con le sole scarpe da ginnastica addosso, le mani legate dietro la schiena con una corda. Il cliente — un italiano, anziano — l’aveva condotta sotto il ponte dell’autostrada e dopo averla denudata, l’aveva derubata, lasciando i suoi abiti lì sul posto. Questa testimonianza andrà a combaciare con quelle, sorprendentemente coincidenti, di altre quattro ragazze di vita, tutte agganciate da Viti alle Cascine, che parlano di «un uomo sui 50-55 anni, capelli corti o rasati, alto 1,75, robusto, pancia prominente e gli occhi chiari, verdi o azzurri». Di queste soprattutto tre sanno bene con chi hanno avuto a che fare, perché hanno accettato la proposta. Una, non l’ha fatto. Le modalità dei rapporti sessuali descritti sono identiche. e pure il posto: sotto il cavalcavia dell’A-1.

A PARTE la I. — scrive la Mobile — le altre prostitute descrivono il veicolo utlizzato dall’uomo come un mezzo simile a un Fiat Doblò o comunque un tipo monovolume». Alle stesse «viene mostrato un fotogramma che ritrae il veicolo fotografato nei predella stazione di Prato il 21 febbraio scorso». Due affermano che «il mezzo è identico a quello usato dall’uomo che le ha legate». E aggiungono: «ha le barre portaoggetti sul tettino identiche a quelle che vediamo in foto». Tre ragazze vengono portate dalla polizia in via del Cimitero «e tutte e tre riconoscono senza alcun dubbio quel luogo come quello dove erano state portate dal cliente». Indicano il punto dove sono state legate, a terra ci sono ancora pezzi di nastro e una fascetta di plastica da elettricista. Viti ha ormai le ore contate: è ancora ‘sospetto-1’ ma il guizzo mnemonico dell’assistente capo De Giorgi e la visione fotogramma per fotogramma dei filmati, fanno ritrovare il Fiat Doblò. Che poi la Mobile va a scovare parcheggiato in via Locchi. E’ quello, nessun dubbio. Ce n’è abbastanza per il fermo, e appena Viti è preso viene portato al cospetto del dottor Ugo Ricci del laboratorio di diagnostica genetica di Careggi incaricato da Canessa di estrarre il profilo genetico dalla saliva di Viti. Comparato con i campioni raccolti in precedenza, viene fissata la presenza di Viti quanto meno sulla scenda dell’aggressione a un’altra rumena, nel 2011.

Giovanni Spano