Firenze, 14 febbraio 2014-  Continuano le deposizioni agghiaccianti al processo contro il fondatore della Cooperativa il  "Forteto", Rodolfo Fiesoli, e i suoi 22 collaboratori con accuse di violenza sessuale su minori e maltrattamenti. 

"Uno dei bambini affidati al Forteto fu costretto a mentire contro la madre dicendo a un pubblico ministero che la mamma aveva preso soldi da un pedofilo. Non era vero. Anch'io contribuii a condizionarlo perché mentisse. Rodolfo Fiesoli e il Forteto volevano definitivamente toglierlo alla famiglia naturale, con l'adozione, dopo averlo preso in affidamento dal tribunale, e serviva trovare fatti per rendere colpevole la famiglia". Lo ha detto un teste a proposito del caso di un bambino affidato alla comunità. Il giovane, che poi ha vissuto al Forteto fin oltre la maggiore età, fu al centro di un'inchiesta della procura. "Lui non voleva andare dal magistrato a parlare contro sua madre in un incidente probatorio;
mentre ce lo portavo mi colpì con un calcio ai genitali  _ha riferito il teste che di queste giovane era genitore affidatario_ Fiesoli mi aveva detto che per come stavano andando le cose al tribunale dei minori, bisognava che dicesse questo. E io ho condizionato molto questo ragazzo a parlare contro i suoi".

Poi, "dopo aver mentito contro la madre questo ragazzo ebbe molti privilegi, poteva allontanarsi dalla comunita' e andare in paese, frequentare la piscina" ma "non era tranquillo e da più grande tentò di lasciare la comunità, tentò anche la carriera militare ma rinuncio' quasi subito". "Una sera era nervoso _ha proseguito il teste, che si è commosso durante la deposizione_ allora Fiesoli disse: 'Ci parlo io'. Si rinchiuse con lui in una stanza e tentò di violentarlo, me lo raccontò un mese dopo".

Intanto, negli anni, i genitori naturali facevano ricorsi alla Corte di Strasburgo per poter rivedere i loro figli che il tribunale dei minori aveva affidato al Forteto e l'Italia venne condannata. Si allentò il 'muro' posto dalla comunità con l'esterno ma tra i fatti del Forteto lo stesso testimone ha raccontato che "i minori affidati dal tribunale di Firenze anche se erano fratelli venivano separati e dati alle coppie sposate della comunità. Inoltre quando venivano le assistenti sociali per dei controlli Fiesoli lo sapeva per tempo e dava disposizioni per dimostrare che i fratelli vivevano con le coppie affidatarie, regolarmente sposate: non era vero, le donne erano tenute separate dagli uomini. Quando venivano i servizi sociali venivano perfino risistemate le camere, mettendo perfino alle pareti foto dei fratelli insieme. Passato il controllo, tutti tornavano a vivere separati dai legami naturali"

"Due disabili in carrozzina vennero messi al centro della sala e Rodolfo Fiesoli ci disse: 'Ora faccio il miracolo'; quindi rivolto a loro li esorto': 'Alzatevi'. Quelli in effetti si misero in piedi per un po' ma poi tornarono seduti. Fiesoli allora ci disse 'Avete visto, ho fatto il miracolo". E' uno degli episodi raccontati nell'udienza di oggi al processo sulla cooperativa Il Forteto da un altro testimone che ha vissuto dentro la comunità dal 1977 al 2011. 

Fiesoli,"lo chiamavamo 'profeta' _ha detto il testimone rispondendo al pm Ornella Galeotti_ come soprannome non certo perché gli attribuissimo doti particolari". Anche questo testimone ha riportato del "condizionamento psicologico" esercitato nella comunita' da Fiesoli, insieme ai suoi prediletti, sugli altri membri, in particolare le coppie sposate che dovevano ricevere i bambini affidati dal tribunale dei minori. "Tuttavia non ho mai accettato le regole per vivere lì", come quella di "dover dormire separato da mia moglie", ma in 33 anni "dopo un primo momento difficile, mi sono rassegnato a essere un soldatino del Forteto". "Se qualcuno usciva, lasciava Il Forteto, andavano a ricercarlo e a convincerlo a tornare indietro", "faceva una brutta fine". Agli strani discorsi di Fiesoli "io mi ribellavo _ha sempre detto il teste al
processo_ ma fino a un certo punto, perché se non aderivi immediatamente alle regole della cooperativa subivi l'isolamento per settimane, gli altri non ti parlavano più, ti scansavano, poi non ce la facevi più e c'erano i chiarimenti", i 'processi' pubblici dove Fiesoli finiva sempre per dare sfogo alle sue ossessioni sessuali"