Firenze, 17 dicembre 2013 - E' ripreso nel Palazzo di Giustizia di Firenze il processo di appello-bis per la morte di {{WIKILINK}}Meredith Kercher{{/WIKILINK}}, la ragazza inglese uccisa nella notte del 1° novembre 2007 a Perugia. Oggi la parola era ai difensori di Amanda Knox, mentre il 9 gennaio toccherà ai difensori dell'altro imputato, Raffaele Sollecito..

In aula è stata letta una mail inviata alla Corte d'appello di Firenze dagli Stati Uniti da Amanda Knox, una sorta di memoriale nel quale Amanda ribadisce la sua innocenza: "Sono innocente, non ho stuprato, non ho rubato, non ero sulla scena del delitto. Non è stata trovata nessuna traccia mia sul luogo del delitto. Non è vero che io e Meredith eravamo in lite, non abbiamo mai litigato. Sono stata sottoposta a un interrogatorio illegale, mi hanno estorto una confessione falsa". Sul motivo della sua assenza dal processo Amanda spiega: "Sono innocente ma ho paura. Ho paura che la veemenza dell'accusa vi impressionerà, che il loro fumo negli occhi vi accecherà. Ho paura non per mancanza di fede nei vostri poteri di discernimento, ma perché l'accusa è riuscita già a convincere una Corte fatta di adulti responsabili e perspicaci di condannare persone innocenti, Raffaele e io".

La mail che Amanda Knox ha inviato alla Corte d'assise d'appello di Firenze ''è irrituale. Chi vuol parlare nei
processi viene nei processi
'' ha detto il presidente della Corte d'assise Alessandro Nencini prima di leggere la mail. ''Non sono dichiarazioni spontanee'', ha precisato Nencini parlando con i difensori della Knox. Il presidente della Corte ha anche sottolineato che sono i difensori ad attribuire ad Amanda la paternità del testo: ''Io non l'ho mai vista, non la conosco''.

Dopo la lettura della mail è cominciata l'arringa dell'avvocato Luciano Ghirga, difensore di Amanda Knox che ha spiegato la decisione di non far venire l'imputata al processo con il suo stato emotivo molto turbato. Nella sua arringa Ghirga è partito ribadendo che a giudizio della difesa "il coltello trovato a casa di Sollecito non è l'arma del delitto" e contestando la validità della perizia che in primo grado aveva attribuito alla vittima una traccia genetica sulla lama in particolare perché non sono state usate le tecniche più all'avanguardia e perché è stata fatta una sola amplificazione rispetto a un risultato che non era sufficiente: "Quel coltello non è l'arma del delitto e su quella lama non c'è nessuna traccia di sangue, non c'è traccia di Meredith". Ghirga, poi, insiste sul fatto che il coltello in questione non può essere quello che ha provocato la ferita mortale al collo "perché la ferita non è abbastanza profonda, quel coltello sarebbe passato da parte a parte"

Dopo Ghirga è intervenuto l'altro difensore di Amanda Knox, Carlo Dalla Vedova che ha insistito sull'assenza di prove e di movente: "Sul movente l'arringa del procuratore generale ha fatto un po' come la Costa Concordia al Giglio, ha preso uno scoglio  facendo affondare l'accusa".

"Assurdo _continua Dalla Vedova_pensare che il coltello sia l'arma del delitto e non solo per le questioni genetiche, ma perché non è pensabile che un assassino usi un coltello e poi invece di buttarlo via se lo riporti a casa, lo lavi e lo rimetta nel cassetto". Dalla Vedova ricorda che "da un indizio non si può desumere un fatto, a meno che gli indizi non siano gravi, precisi e concordanti. Qui si devono sommare i vari elementi e la somma di tanti zeri fa sempre zero". Per Dalla Vedova, "il continuo cambiare il movente è una debolezza dell'accusa". Il difensore prosegue: "Amanda e Meredith erano amiche,assurdo che di fronte all'aggressione dell'amica da parte di Rudy Guede, Amanda invece di difenderla si unisca all'aggressore. E' illogico".

Sottolineando la grande pressione mediatica del caso sin dall'inizio, Dalla Vedova ha più volte detto che gli inquirenti avrebbero dovuto riconoscere subito i loro errori, che Lumumba non andava arrestato ("c'erano sin dall'inizio dodici testimoni che ne confermavano l'alibi") che l'impronta sul cuscino trovato accanto al corpo della vittima, appartenente a Rudy Guede, era sin dall'inizio "la firma del delitto" e che non vi erano prove, invece,  contro Amanda e Raffaele.

L'avvocato di Amanda ha poi manifestato il suo stupore per il riferimento fatto dall'accusa e dalle parti civili a dichiarazioni di Knox fatte all'alba del 6 novembre, sottolineando come per la Cassazione siano dichiarazioni inutilizzabili, "perché Amanda non fu informata di essere passata da testimone a indagata, perché rese senza avvocato, non conoscendo bene l'italiano".

Dalla Vedova ha poi riferito un episodio piuttosto oscuro: Amanda, una volta in carcere sarebbe stata sottoposta a esami del sangue e per due volte le sarebbe stata riscontrata una sieropositività al virus dell'Aids. Circostanza che ha ovviamente gettato nel panico la ragazza, fino a una terza certificazione che, invece, attestava la sua sieronegatività e l'errore dei primi due certificati. Un episodio esposto in modo non chiaro e allora il presidente Nencini, per sgombrare il campo da equivoci, ha chiesto chiarimenti e in particolare se esistessero certificazioni scritte e se la difesa di Amanda Knox ritenesse questi certificati di sieropositività falsificati ad arte. Dalla Vedova ha risposto di non pensare a una falsificazione e di non avere, comunque, documentazione di questi certificati, ma che a riferire questo episodio è stata la stessa Amanda nel suo diario.

Il difensore di Amanda ha poi parlato dell'alibi della sua cliente, sostenendo che è dello stesso tipo ("Ho passato la serata e la notte con il mio fidanzato") di quelli delle coinquiline dell'appartamento di via Della Pergola dove è stata uccisa Meredith Kercher. "Il racconto di Amanda è preciso e immutato nelle sue varie deposizioni", sottolinea Dalla Vedova.

Riguardo ai testimoni, Dalla Vedova definisce inattendibile il teste Quintavalle (il commerciante che disse di aver visto Amanda Knox la mattina presto successiva al delitto, mentre la ragazza ha sempre detto di aver dormito fino alle 10 a casa di Raffaele) "perché parla solo al momento del rinvio a giudizio e riconosce Amanda solo da una foto". Riguardo a Curatolo, il barbone che stazionava in piazza Grimana, per Dalla Vedova "o è inattendibile o è il nostro alibi". Dalla Vedova ripercorre alcune dichiarazioni strampalate di Curatolo e lo definisce inattendibile, ma comunque nel primo interrogatorio, dice l'avvocato,  "Curatolo riferisce di aver visto, la sera del delitto, Amanda e Raffaele dalle 9 a mezzanotte, quindi li colloca fuori dalla casa del delitto".

Capitolo importante quello di Rudy Guede, l'ivoriano che è stato condannato in via definitiva a 17 anni (con rito abbreviato) per concorso nell'omicidio. "Sul luogo del delitto ci sono solo tracce di Rudy Guede e Guede non colloca mai Amanda all'interno della casa. Anzi, parlando in chat con un amico dice che 'Amanda non c'entra' e comunque non la tira in ballo nelle altre deposizioni". Dalla Vedova torna sul coltello trovato a casa di Sollecito e ripete che non può essere l'arma del delitto "perché è assurdo che invece di buttarlo Amanda e Raffaele se lo siano riportato a casa di lui e poi lavato e usato ancora in cucina" e perché "non ci sono tracce di Meredith e quella evidenziata dalla prima perizia è del tutto inattendibile per i metodi con i quali è stata rilevata, quindi non parliamone più".

Riguardo al fatto che Amanda sapesse dell'urlo fatto dalla vittima e della morte avvenuta per un taglio alla gola, Dalla Vedova ha ribadito che la circostanza dell'urlo "è all'interno delle dichiarazioni non utilizzabili dellr 5.45 del 6 novembre" e che "fu un carabiniere a dire, uscendo dalla casa, che a Meredith era stata tagliata la gola, come riferisce un testimone".

Dalla Vedova ha concluso la sua arringa dicendo che "c'è una carenza di prove, gli indizi sono insufficienti e nel dubbio Amanda Knox va assolta".

Il 9 gennaio parola alla difesa di Sollecito, il 10 le repliche e poi il 15 la camera di consiglio.