Firenze, 4 novembre 2013 - «Cercasi massaggiatrice sotto i 35 anni anche senza esperienza per centro estetico. Stipendio base 3.500 yuan con possibilità di extra e alloggio. Necessaria bella presenza». L’annuncio di poche righe è nascosto dietro gli ideogrammi, il contatto un cellulare con prefisso 377. Le tre cifre che i gestori italiani di telefonia riservano al traffico in entrata e uscita dalla Cina. E’ dai portali di annunci web della Repubblica Popolare che l’impero dei massaggi orientali recluta le sue forze.

Giovani donne attratte da buste paga da 600 euro al mese, quasi 5000 yuan inclusi gli extra: il doppio del salario medio di un impiegato cinese, che in pochi mesi può raddoppiare. Venti gli annunci pubblicati nell’ultimo mese da 0039.cc, una delle bacheche web dove avviene il reclutamento per alcuni dei 20 centri massaggi asiatici aperti in città negli ultimi 3 anni.

Quasi un’offerta al giorno per un settore in pieno boom rispetto al 2005, quando i beauty center cinesi a Firenze erano cinque, che sta atrofizzando l’altro muscolo del Made in China, la ristorazione dove da un anno non si registrano nuove aperture. Segnali da un mercato in piena migrazione. Per le “padroncine” titolari dei centri, quasi tutte donne, le spese di avviamento sono minime: poche migliaia di euro per la ristrutturazione di un paio di stanze, qualche futon e una vasca.

Nessuna pubblicità in chiaro e poche insegne, la vita media delle attività è di un anno. Spariscono e riaprono magari nello stesso isolato. Per trovarle bisogna “spulciare” il sottobosco web degli oltre 200 annunci erotici di massaggi orientali, stavolta rigorosamente in italiano e con base Firenze, apparsi in Rete nel 2012. Coincidenze, forse segnali che dietro il paravento del benessere allungano l’ombra del relax a luci rosse. L’unica certezza è la nascita nel cuore di Novoli di una vera Mecca dei sensi.

Nel 2012 in pochi chilometri sono nati, morti e risorti almeno 10 centri targati Cina, alcuni finiti lo scorso ottobre nel mirino del maxicontrollo della prefettura: 30mila euro di sanzioni e tre sospensioni. Buona parte degli annunci erotici parte da qui. Ogni ragazza si sceglie un nome italiano per il passaparola dei clienti. C’è Elisa, 25enne volata dritta dalla Rpc a Peretola e lì rimasta nelle 3 stanzette al secondo piano di un edificio commerciale di via Pratese. Lavora con tre connazionali. Tubino sintetico e zoccoli: «Qui si fanno solo massaggi» dice.

Trenta euro per mezz’ora di massaggio rilassante che con altri 20 si converte in “Romantico” e con 50 in “Thailandese”, a quattro mani. Nella babele dei centri senza insegna spesso è questo l’extra con cui ci si guadagna un massaggio particolare, quello che i frequentatori chiamano “lieto fine”.

E’ l’extra che muove il business, salta la ricevuta e finisce dritto nelle tasche delle ragazze, alzando la paga dai 3500 ai 6000 yuan e innescando un circolo vizioso: più marchette, più soldi. Con sommersi anche da 1000 euro a ragazza. Si entra per un massaggio, si esce con una ricevuta che lo certifica e dell’extra non resta traccia. Un meccanismo oliato finito per 93 volte nel mirino delle denunce raccolte in Toscana da Confestetica.

Una geografia muta, fatta di ex fondi commerciali riadattati come quello di via Marenzio, dietro il polo universitario sequestrato nel 2009 dai carabinieri per essere diventato una casa d’appuntamenti che adesso ha riaperto i battenti con il menù di olio e massaggi. Ma anche in via Don Perosi, stessa fotocopia in via dei Marignolli o in via Vasco de Gama e via del Romito. Il denominatore: clientela di soli uomini, tre stanzette, luci soffuse, lettini, vasca e una batteria di cinesine in attesa, anche fino a mezzanotte.

Ma è così semplice trasformare negozi in centri del genere? «Non tutti i centri benessere asiatici sono al centro di situazioni irregolari. Il problema – sottolinea il segretario nazionale di Confestetica Roberto Papa – è l’attuale legislazione». Un vuoto che favorisce il sistema di scatole cinesi dove le stesse dipendenti, dopo poco diventano “mamasan” assumendo nuove leve dalla patria. «Chiunque lavori in un centro estetico per 3 anni ottiene la qualifica di estetista saltando la scuola professionale. Per aprire un’attività –conclude – serve solo un locale e un direttore tecnico che in pratica è un’estetista con alle spalle 300 ore di corso integrativo».