Firenze, 4 ottobre 2013 - "Per noi questo processo è già un risultato, finalmente si potrà fare luce su tutta la vicenda". Lo ha detto oggi Sergio Pietracito, presidente dell'associazione vittime del Forteto, entrando in tribunale a Firenze per la prima udienza del processo che farà luce sulle vicende accadute alla comunità di recupero per minori 'Il Forteto' di Vicchio di Mugello (Firenze).

Gli imputati, in tutto 23, sono il fondatore {{WIKILINK}}Rodolfo Fiesoli {{/WIKILINK}}, su cui cadono le accuse più pesanti, e molti dei suoi collaboratori.

I reati ipotizzati sono maltrattamenti e, solo per Fiesoli, la violenza sessuale: secondo quanto emerso nell'inchiesta infatti, si sarebbero compiuti violenze e abusi ai danni degli ospiti della comunità, tra i quali appunto anche i minori dati in affidamento con il consenso dei tribunali e il sostegno di enti pubblici. Secondo l'accusa Fiesoli avrebbe maltrattato i piccoli costringendoli a lavorare e li avrebbe anche soggiogati psicologicamente imponendo loro pratiche omosessuali e "rigide regole di vita e di comportamento", arrivando ad abusare di alcuni di loro anche sessualmente. Gli altri indagati, tra i quali ci sono anche i genitori affidatari dei piccoli, avrebbero aiutato Fiesoli.

"Finalmente - ha spiegato Pietracito - si comincia a capire che si trattava di un regno con un despota. Tutto ciò che si vedeva dall'esterno era una farsa, ma l'altra faccia della medaglia è una tragedia umana che ha riguardato tanti ragazzi, tra cui quelli affidati al Forteto anche con irresponsabili decisioni dei tribunali dei minori".

L'udienza si è aperta con un serie di eccezioni preliminari presentate dalle difese, fra cui la richiesta di annullare le notifiche di avviso di chiusura indagine perchè avvenute tramite posta elettronica certificata. In aula non è presente alcun imputato; riguardo tale assenza il presidente dell'associazione tra le vittime ha commentato: "Se non ci sono penso che sia per una strategia difensiva, perchè credo che non si vergognino di nulla".

Sulla presenza in aula di rappresentanti delle istituzioni, primi fra tutti Rosy Bindi e Massimo D'Alema, richiesti come testimoni da uno degli imputati, si è invece pronunciato il consigliere regionale di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli, che ha partecipato al processo fra il pubblico, assieme all'europarlamentare di FdI Marco Scurria e il consigliere comunale a Firenze (FdI) Francesco Torselli.

"E' un gesto che prova a riparare il vuoto decennale delle istituzioni in questa vicenda", ha affermato Donzelli. Della vicenda si era infatti già occupata una commissione d'inchiesta del Consiglio regionale toscano, che nella relazione finale aveva ricordato come numerosi politici ''a vario titolo e con differenti modalità, passano al Forteto come Piero Fassino, Vittoria Franco, Susanna Camusso, Rosy Bindi, Livia Turco, Antonio Di Pietro, Tina Anselmi, Claudio Martini, Riccardo Nencini. Si va da chi compie un rapido passaggio in vista di prossime elezioni, a chi scrive prefazioni per le pubblicazioni editoriali del Forteto, a chi, magari anche solo per territorialità, diviene frequentatore più assiduo''.

"Chi ha avuto il coraggio di denunciare - ha tenuto poi ad aggiungere Donzelli - deve sapere che non è solo".