Firenze, 14 settembre 2013 - I familiari di Meredith Kercher quasi certamente parteciperanno al nuovo processo d'appello per l'omicidio della studentessa inglese che comincera' il 30 settembre a Firenze a carico di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. A riferirlo all'Ansa è il loro legale, Francesco Maresca. "Ci saranno - ha spiegato - per rispetto della Corte".

E' probabile che la famiglia Kercher venga rappresentata dalla sorella di Meredith, Stephanie, ma potrebbe esserci anche uno dei fratelli, Lyle. E dopo le ultime notizie secondo le quali anche Sollecito, dopo la Knox (tornata negli Usa), potrebbe non partecipare alle prime udienze del processo, l'avvocato Maresca ha ribadito l'opportunita' della loro presenza in aula. "Necessaria - ha spiegato - perche' si decide della loro vita e della morte di una ragazza. La loro presenza e' poi dovuta per rispetto nei confronti della Corte d'assise d'appello di Firenze".

L'avvocato Maresca ha quindi rilevato come le due difese abbiano gia' depositato "ponderose memorie". "E' come se chiedessero - ha aggiunto - di rifare il processo. Il loro sembra quasi un appello contro la sentenza della Cassazione, non previsto dal codice". I legali della famiglia Kercher, costituiti parte civile, non hanno presentato invece alcuna memoria. "La nostra memoria - ha sottolineato l'avvocato Maresca - e' la sentenza della Cassazione. Un provvedimento perfetto, puntiglioso e completo. Per questo - ha concluso l'avvocato Maresca - l'abbiamo adottato in toto". Condannati in primo grado, Sollecito e la Knox sono stati assolti in appello con una sentenza poi annullata in Cassazione che ha disposto un nuovo processo da celebrare a Firenze. I due ex fidanzati si sono comunque sempre proclamati estranei al delitto.

 

LE ACCUSE DI SOLLECITO AI POLIZIOTTI - Intanto Raffaele Sollecito accusa i poliziotti italiani di aver tentato per sei mesi, mentre in prigione attendeva il processo per la morte di Meredith Kercher, di convincerlo a prendere le distanze da Amanda Knox perche' la procura potesse incastrarla. Lo riporta il Daily Mirror, che da' ampio risalto alle parole del giovane. "Gli inquirenti tentarono di fare un patto con me: gli agenti venivano nella mia cella dicendo che dovevo prendere le distanze da Amanda. Intendevano che se avessi detto che dormivo o non ricordavo l'accaduto, avrei permesso all'accusa di incastrare Amanda. Dicevano che se l'avessi fatto, sarei stato immediatamente rilasciato. Ma non mi convinsero: era la situazione piu' ambigua, ma io non potevo inventare nulla".

Sollecito confessa che pero' era terrorizzato nel timore che Amanda gli potesse giocare qualche brutto scherzo perche' la ragazza era in un condizione di grande fragilita' psicologica, "era fuori di se'", ha detto Sollecito. "La conoscevo da poco, una settimana, e di fatto non conoscevo affatto questa donna. Ero terrorizzato perche' era fuori di se' al commissariato. Faceva dichiarazioni folli e tutto andava storto. Temevo potesse lei fare un accordo per accusarmi. Ero terrorizzato".