Firenze, 11 settembre 2013 - Solo piante utili, aromatiche, commestibili. E molto belle da guardare. Specie se si è sul tetto di Palazzo Pucci in via de’ Pucci dove ti sembra di poter toccare la Cupola del Brunelleschi e il Campanile di Giotto. Qui, sotto il cielo di una Firenze splendida e segreta, il marchese Giannozzo Pucci ha creato l’orto di Palazzo, un’oasi di serenità e di armonia che riporta alle tradizioni antiche e però anche alla voglia di riprogettare un futuro diverso per il centro storico della città.

 

“Il nostro imperativo è no a ogni trattamento chimico — spiega Giannozzo Pucci, nobiluomo attaccatissimo a Firenze, editore che ha molto vissuto di cultura e di politica, di sentimenti religiosi e di idealità verdi e impegno per lo sviluppo del biologico — e per questo ho piantato il fiordaliso che attira api e farfalle. Già mio padre Puccio Pucci aveva iniziato anni fa i lavori per un orto sul tetto ora io l’ho continuato, portando terra vulcanica leggera mista a humus e piantando erbe aromatiche e profumate della tradizione».

 

Ed ecco l’origano selvatico e le zucchine, il timo e il ramerino, l’iris fiorentino e il garofanino selvatico, in mezzo ai pomodori che si stagliano sul magnifico sfondo del Duomo. Un contrasto perfetto, tra natura e architettura, il massimo della semplicità e il massimo della scienza, nella parte cinquecentesca di Palazzo Pucci che il marchese Giannozzo sta restaurando con grande attenzione al risparmio energetico e alla tutela del suo valore storico e culturale.

 

“Fino dai tempi dell’Unità d’Italia Firenze una città verde, nel 1861 metà del suo territorio era ad orti e giardini — spiega il marchese — perfino in San Frediano l’artigiano dietro alla bottefga aveva sempre l’orto col fico. Figuariamoci poi in tempi più antichi quando sotto assedio l’orto diventava fondamentale per garantire la sopravvivenza dei fiorentini. Ecco, forte di questa tradizione e di questi ricordi — continua Giannozzo Pucci — ho voluto fare anch’io l’orto sul tetto del Palazzo, aiutato da un’appassionata di botanica come Giovanna Nesi nella scelta delle piante perfette”.

 

Per fornitori i  vivai della città e molte piante ormai quasi scomparse seminate col rito antico che non ammette fretta ma segue le stagioni, per i vari tipi di radicchio e per le bietole dalla costa rossa, per il levistico che è il sedano che usavano gli antichi romani per il farro dei soldati, per le cipolle e l’aglietto a taglio. Non mancano gli alberi da frutto come il biricoccolo che è una via di mezzo tra il susino e l’albicocco e quattro tipo di vite resistenti alla peronospera. “I piemontesi con lo stravolgimento dell’antico centro della città hanno costruito palazzi con gli archi dove c’erano giardini ed orti — continua il marchese — adesso è tempo che ognuno pianti qualcosa di bello, verde e fiorito. Bisogna recuperare la vera dimensione di Firenze e questo è il senso del mio giardino a Palazzo”. E proprio in questi giorni si è riaperto anche il ristorante “La gabbia matta”, non più solo circolo privato, per farne un luogo di delizie per il palato e per la salute, con un menu a km zero e cibi da acquisti solidali. 

Eva Desiderio