di PAOLA FICHERA

Firenze, 9 settembre 2013 - Il "proletariato" non ha più soldi per fare figli, preferisce avere il mondo in tasca, a portata di smartphone, le ‘cellule’ del Partito marxista leninista italiano preferiscono megafono e fax. Tecnologicamente parlando sono rimasti al protozoico: e ne vanno fieri. Bastava passare ieri mattina da via Cerretani (auditorium del Duomo), per fare un salto indietro nel tempo, quattro decenni giusti giusti, quelli che sono trascorsi (37 anni per l’esattezza) dalla morte di Mao Tse Tung.

Nella Sala Vasari addobbata di rosso erano circa un centinaio i compagni schierati: non tutti con i capelli bianchi, certamente tutti con la camicia rossa, la fascia sul braccio con la falce e il martello e il fazzolettone legato al collo. Come ogni anno si sono riuniti a Firenze per commemorare la scomparsa di Mao.

Colonna sonora d’ordinanza: L’Internazionale, Sole Rosso e Bandiera rossa (e per chi non ricorda le parole ci sono anche le fotocopie). Poi platea silenziosa e attenta davanti al lunghissimo tavolo di quello che ha tutto l’aspetto del «comitato centrale».

I brevi saluti dei compagni delle cellule e poi, come centralismo democratico comanda, la relazione di Mino Pasca «uno dei primi quattro pionieri del Pmli, cofondatore del Partito, stretto compagno d’armi di Giovanni Scuderi, Segretario generale del Pmli, combattente di prima linea come studente marxista-leninista nella Grande Rivolta del Sessantotto».

Tema trattato: ‘Mao, la propaganda e il lavoro giornalistico’. «Servono — ha scandito Pasca — decine e centinaia di Penne rosse tra gli operai, gli studenti, le masse popolari», così come di «molti esperti rossi specie tra gli intellettuali rivoluzionari» che «sappiano far valere gli interessi del proletariato e del socialismo».

E la Rete? Il futuro che viaggia nell’etere? Nessun dubbio. Il Pmli preferisce «i megafoni alle tastiere». Il contatto vero con le piazze ai comizi virtuali. Dal loro punto di vista «il M5S sembra replicare con la Rete l’illusione degli anni ’70, quando enfaticamente fu salutato come ‘Tv libera’ quello che si accingeva a divenire il mostruoso monopolio televisivo berlusconiano». Il governo Letta-Berlusconi? «procede a tappe forzate nell’ufficializzazione del regime neofascista, presidenzialista e federalista». E i contorcimenti del Pd? Lo scontro Bersani - Renzi e gli equilibrismi di Epifani? Non pervenuti: da queste parti Bertinotti era un trotzkista.