Firenze, 14 agosto 2013 - Il tempo stringe. Entro la prima metà di settembre dovrà passare in giunta e successivamente al vaglio del consiglio comunale il nuovo regolamento urbanistico, lo strumento che di fatto tradurrà in concreto le linee di indirizzo urbanistiche dettate dal piano strutturale di Palazzo Vecchio. Torna quindi anche in ballo, tra le tante questioni, quella sul futuro assetto dell’area di San Salvi.

Che cosa diventerà la cittadella sanitaria di 30 ettari che ospitava l’ex manicomio? Un 'villaggio' nel cuore della città fatto di villette immerse nel verde, accompagnato magari da qualche edificio che rimarrà a destinazione pubblica, nel caso specifico sanitaria? Che ne sarà del parco, polmone verde per un intero quartiere? E che fine faranno le attività culturali che all’interno vi svolgono storiche associazioni come quella dei Chille? Ci sarà davvero un museo della memoria affinché non vada dispersa la storia dell’ex manicomio? Il mistero alimenta la preoccupazione dei comitati, delle associazioni ambientaliste, anche dei residenti che vivono nella zona.

Le intenzioni dell’Asl sembrano comunque ormai delineate e disegnano quella che una volta completata diventerà una delle più importanti operazioni immobiliari nel comune di Firenze. Ma c’è un però. Ancora, negli uffici di Palazzo Vecchio, l’azienda sanitaria non avrebbe formalizzato alcuna proposta su San Salvi da 'inserire' nel regolamento urbanistico. I contatti è vero non mancano, così come gli incontri, ma l’Asl non ha ancora detto chiaro e tondo per quanti e quali edifici chiedere il passaggio da pubblici a privati, aprendo la strada alla loro trasformazione in abitazioni (si parla di poter realizzare 150-200 appartamenti).

L’Asl ha deciso da tempo la strada da seguire: vendere San Salvi è considerata una priorità per una serie di motivi. L’Asl non ha i soldi per rimettere a posto gli edifici di sua proprietà - alcuni fatiscenti - e comunque ritiene conveniente trasferire altrove uffici e servizi che si trovano nel parco di San Salvi (su circa 50 mila metri quadrati coperti di superficie 20mila sono di corridoi, quindi inutilizzabili, con spreco di aria condizionata e riscaldamento). Quindi l’obiettivo è vendere per poter ricavare circa 80 milioni di euro. Quei soldi andranno poi - in base a un accordo tra Comune, Asl e Regione sancito a dicembre — utilizzati per la costruzione del nuovo ospedale di Torregalli, per il quale servirebbero 100-120 milioni.

Per vendere però occorre cambiare la destinazione d’uso degli edifici, che ora sono tutti vincolati all’attività sanitaria. Così l’Asl deve 'indicare' a Palazzo Vecchio quali edifici di San Salvi da pubblici diventeranno a uso privato. L’ipotesi fatta finora è che circa il 60% delle strutture esistenti passeranno a destinazione residenziale (non si potrà in ogni caso costruire edifici in più ma solo trasformare gli esistenti, nel rispetto del vincolo volumi zero imposto dal sindaco Renzi). Ad oggi tuttavia l’Asl non ha presentato alcun piano in Comune. Motivo? Non per negligenza ma perché mancano alcuni pareri della sovrintendenza ai beni artistici e architettonici sugli edifici vincolati. "L’Asl ha pronti da tempo i documenti concordati a suo tempo al tavolo con Comune e Regione. Ma parte di questi - fa sapere l’azienda sanitaria - necessita di pareri relativi a vincoli esistenti che ancora non sono pervenuti". Insomma, l’Asl ha chiesto alla sovrintendenza di poter "liberare" gli edifici e ora è in attesa della risposta. Quando sarà arrivata il percorso sarà completato e l’azienda sanitaria potrà indicare al Comune quali edifici vuole trasformare in "privati". Ma il tempo stringe: a settembre il nuovo regolamento urbanistico deve approdare in consiglio comunale.