Firenze, 22 giugno 2013 - NON CI si può nascondere dietro al politically correct che fa tanto ipocrita o soprassedere. Che Firenze stia attraversando un momento difficile è un dato di fatto. Non è soltanto un problema di decoro o di sicurezza da ritrovare, ma anche di valori di fondo, di principi etici e morali, anche sopra e sotto le lenzuola, come dimostrano gli aspetti più boccacceschi che l’inchiesta escort ha portato alla luce. L’arcivescovo Betori, che giovedì ai suoi sacerdoti ha annunciato la data più che probabile della visita di Papa Francesco, il 12 novembre 2015, ha usato il linguaggio del Vangelo, semplice e forte al tempo stesso, per dare una scossa alla città e nel caso mettere i fedeli di fronte alle loro responsabilità.

AMAREGGIATI dall’incuria che invade il centro, la San Lorenzo difesa da monsignor Livi, Santo Spirito, piazza San Giovanni, che il cardinale, come il presidente dell’Opera del Duomo, Franco Lucchesi, vede soffrire ogni volta che apre la finestra dell’arcivescovado affacciata sul Battistero, i fiorentini rischiano di rimanere apatici o magari distratti in maniera fin troppo morbosa dei pettegolezzi a luci rosse dell’inchiesta “Dolce Vita”. Una situazione che la chiesa non può non condannare. «Alla nostra città, e in genere alla società contemporanea, — ha detto l’arcivescovo — manca la capacità di discernere tra ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è bello e ciò che è brutto, ciò che merita approvazione e ciò che invece va ricacciato». Per il suo affondo il cardinale Giuseppe Betori ha utilizzato l’omelia per la messa di inaugurazione dopo il restauro della chiesa della Casa di accoglienza Ail di Careggi, un centro che ha nella carità e nell’accoglienza la sua ragione sociale, quindi una sede ideale per auspicare un cambiamento di rotta. «Oggi lo sappiamo. — ha proseguito l’arcivescovo parlando a braccio — la cultura contemporanea è una cultura del desiderio e dell’istinto, ciascuno vuole affermare se stesso secondo le proprie voglie» e ha continuato «Una cosa che è bella non può essere allo stesso tempo brutta, o ciò che è brutto non può essere trasformato in bello solo dalla volontà di farlo apparire tale. Abbiamo bisogno quindi di ritrovare i principi valoriali di fondo di ciò che qualifica la realtà, nella sua bellezza, nella sua bontà, nella sua giustizia: se noi riusciremo a ricostruire un patrimonio di valori all’interno di questa nostra città credo che allora ritorneremo a fare cose belle, cose buone, come hanno fatto i nostri antenati».

«OGGI — ha concluso il cardinale — ci vuole una maggiore attenzione etica per la nostra città per ritessere con grande forza un tessuto sociale e appunto etico che permetta di affrontare la crisi economica che abbiamo di fronte». «Dalla crisi» Firenze può uscire solo recuperando «quei riferimenti» che in passato hanno fatto la sua gloria: «la ricerca della bellezza, la ricerca della fraternità e della solidarietà verso l’altro».
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