Firenze, 14 marzo 2013 - Siamo arrivati intorno alle 16,30 dopo circa quattro ore di autostrada. Quello di oggi per noi è il viaggio della speranza. Ad accoglierci sulla porta degli Spedali Civili ci sono una ventina di persone tra fotografi, cameramen e giornalisti assortiti. Sofia dorme tra le mie braccia: dalla copertina rossa spunta un spicchio della sua faccia minuta disegnata al compasso. "Sposti la copertina signora…vogliamo vedere la bambina!". Flash e microfoni, tutti vogliono immortalare la piccola stella polare che nelle ultime settimane trascina alla ribalta con sé tutto il firmamento dei bimbi malati, quelli che di solito se ne stanno perduti nel buio ai margini della società, in cui brancolava anche Sofia fino a poco tempo fa.

Ora invece i miei colleghi giornalisti s’impegnano ad immortalarla mentre sonnecchia, e i riflettori illuminano anche i primi sorrisi sui nostri volti, invecchiati di anni in poche settimane. Dentro di me però sento di aver lasciato a casa qualcosa di caro, che la legge italiana m’impedisce di portare con noi. Sono Mina, Teresa, Maria, Luciano e i loro bambini leucodistrofici che come Sofia ogni giorno combattono lo stesso mostro. Loro però non hanno avuto la possibilità di cavalcare l’onda mediatica che ci ha portato qui, nella stanza di ospedale che per noi rappresenta il trampolino verso l’unica speranza: l’infusione di staminali che - a detta del direttore del Centro Trapianti Fulvio Porta - dovrebbe essere somministrata a Sofia nel pomeriggio di domani.

Mina mi ha chiamata ieri sera per farci gli auguri "Sai, siamo anche noi ricoverati in ospedale, al Gaslini di Genova, perché Natale deve sottoporsi a dei controlli" - una pausa, la sua voce giovane si strozza - "i medici dicono che quella di Naty è una forma di leucodistrofia molto severa". Riesco a dirle solo che mi dispiace, che non deve dare troppo peso ai medici perché si sa, esasperano sempre i toni e poi la verità è che nessuno ne sa niente di questa malattia mostruosa. Invece lo so come si sente Mina. Con le braccia che le cadono e le ginocchia che si piegano, faccia a faccia col muso duro dei medici che ti parlano di peggioramenti nella deglutizione, difficoltà respiratoria, operazioni da fare, tubi da infilare. E invece delle bugie che le dico vorrei poterla prendere e portare via "Mina vieni a Brescia ché domani anche Natale può iniziare la cura compassionevole insieme a Sofia!"

di Caterina Ceccuti