Firenze, 9 marzo 2013 - PER UN BAMBINO stare in ospedale ed essere sottoposto a terapie fastidiose e talvolta dolorose, analisi e così via, non è certo l’ideale. Però, se a fargli compagnia e a distrarlo c’è qualche simpatico amico a quattro zampe, allora la faccenda cambia!


E’ quello che succede al Meyer, dove la pet therapy ormai è una prassi ben consolidata da ben dieci anni. Qui i meticci Budino e Muffin e i labrador Pippi, Gioia, Polpetta, Cannella e Ginny, sono di casa e, ovviamente seguendo meticolose pratiche igieniche e con rigidi controlli veterinari, hanno accesso in tutti i reparti - pediatria internistica, chirurgia pediatrica, neuroscienze, area critica, oncologia pediatrica e neonatale e perfino rianimazione - per aiutare i piccoli ricoverati.


Il Meyer è il primo esempio in Italia dove l’attività ospedaliera assistita da animali è schematizzata attraverso uno specifico protocollo operativo formalizzato nel 2011, seguendo le raccomandazioni del CDC, Center for Disease Control and prevention di Atlanta (Usa). Il protocollo applica le direttive del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2003, che ha l’obiettivo di implementare la pet therapy durante il ricovero di bambini e anziani. Al Meyer i cani svolgono un regolare “orario di lavoro”: sono presenti nei reparti per tre giorni a settimana per due ore e mezzo - spiega Francesca Mugnai, presidente dell’associazione Antropoa e istruttrice dei cani - oltre alle chiamate straordinarie per casi particolari, come bambini che hanno bisogno di un po’ di coraggio per ricominciare a camminare dopo un doloroso trauma». E i risultati di tutto questo ci sono, eccome. Laura Vagnoli, psicologa e ricercatrice presso il servizio di terapia del dolore e cure palliative del Meyer dice: «Con l’aiuto degli animali si riduce l’ansia dei bambini durante visite, prelievi, dopo interventi chirurgici. Si ottiene un maggiore benessere, la riduzione del dolore e dello stress». E scusate se è poco.

 

Patrizia Lucignani