Firenze, 3 febbraio 2012 - E’ cominciata con lustrini e paillettes, magnum di champagne che riempivano i calici, pettinature fresche di coiffeur, abiti impeccabili, sorrisi smaglianti e macchinoni in doppia fila, tanta era la voglia di esserci. E’ finita con un curatore, a raccattare le ultime scintille di quegli anni dorati, quando ancora la Fau srl, una società in cui confluivano le azioni dell’imprenditore latin lover Tommaso Buti e a un certo punto anche del fenomeno viola Adrian Mutu e si diceva anche di Flavio Briatore, non era stata decretata fallita da un giudice del tribunale di Firenze. Un fallimento,insomma. Non più gloria, dunque, ma debiti; tanti, come quello nei confronti del proprietario del ramo d’azienda che, stanco di non vedere un affitto da 27 mesi, ha premuto il tasto stop a un film già visto altrove.
 

E’ la parabola del “Nove”, ristorante catapultato da Milano o New York o Parigi o Saint Tropez, in riva all’Arno: lungarno Guicciardini, per la precisione, quella rive guache snob e alternativa, dove prima c’era un altro ristorante, il Beccofino, come ricorderà chi passava di là, quando ancora al semaforo di piazza Nazario Sauro si poteva svoltare a destra.
 

Siamo chiari, il ristorante è regolarmente aperto. Lo gestisce, almeno fino alla fine del mese, il curatore fallimentare, un commercialista nominato dal tribunale lo scorso 14 gennaio. E poi? Chissà. Forse potrebbe finire all’asta. Il passivo supera l’attivo. Debiti verso il proprietario della licenza, verso i fornitori, e perfino verso lo Stato, che non avrebbe incassato i contributi di cuochi e camerieri, sono le cause scatenanti del tramonto del ristorante da passerella per eccellenza.
Eppure era cominciato tutto diversamente. Con un’inaugurazione da vita smeralda a decretare che Firenze, da quel momento, non era più soltanto bistecca e trattoria ma paparazzi e sciccherie.
 

Ma questa è una città strana, e quando i suv dei forestieri accatastati sul marciapiede cominciano a non far passare l’autobus, a qualcuno da fastidio. C’era poi una pedana esterna, dalla quale si gustava sì un tramonto da applausi sul fiume tinto di rosso, ma faceva troppo rumore per le orecchie di una vicina che a una certa ora intendeva coricarsi. I vigili arrivarono addirittura a sequestrarlo, quel gazebo fiore all’occhiello del nuovissimo locale alla moda, mentre la bella gente non aveva ancora assaggiato il dolce. E quello fu il primo vero guaio del ristorante Nove. Tutto qui? No. Nella ricca e lussuosa cantina i ladri fecero un paio di scorribande, al termine delle quali poterono brindare con le etichette più prestigiose. Capita. Meno male che il rumeno, soprannominato Brilliantul, intuì che il ristorante poteva essere un ottimo investimento e così, grazie al Fenomeno, il Nove si diede una spennellata di viola. Pure quella, però, durò poco, come del resto le fortune del numero dieci in maglia gigliata.

Le scadenze diventavano troppo corte, gli arretrati troppo grossi e la Fau srl è stata trascinata in tribunale dal principale creditore. Alle prime avvisaglie del dissesto, in certi ambienti si cominciava a mormorare che qualcosa non andasse, ma gli amministratori minacciavano querele a tutela dell’attività. Qualcuno, nel frattempo, fece un’istanza per riavere ciò che gli spettava. E’ stato l’inizio della fine. Oggi il tribunale, per bocca del giudice Governatori, ha presentato il conto. Salato, come s’addice a un ristorante vip.
stefano brogioni