Firenze, 3 gennaio 2013 - Il pranzo era una vecchia promessa. "Ci vedremo presto", aveva detto Pier Luigi Bersani a Matteo Renzi la sera della vittoria delle primarie, dopo settimane di scontro anche duro sulle regole della competizione. Poi è precipitata la crisi di governo, si sono dovute organizzare in fretta e furia le primarie per i parlamentari e sono arrivate la vacanze di Natale. Ma prima che le festività finissero, e a pochi giorni dalla presentazione delle liste per le politiche, Bersani ha mantenuto l'impegno e ha invitato Renzi a Roma.


E alla fine è stata siglata la 'pax'. Il segretario del Pd ha chiesto al 'rottamatore' di dare una mano in campagna elettorale e lui ha accettato. Concentrerà i suoi sforzi sui media, in particolare nelle trasmissioni televisive, e nelle zone più difficili per il Pd. 

 

L'appuntamento era stato fissato intorno alle 13 da 'Grano', un ristorante in pieno centro a Roma spesso frequentato dal leader del Pd. In una saletta riservata in fondo al locale, Bersani e Renzi hanno pranzato uno di fronte all'altro da soli. Niente staff, sommersi di telefonate appena la notizia si e' diffusa, ma un faccia a faccia di quasi due ore senza testimoni.


Menù leggero di carne accompagnato da buon vino rosso e grappa. Le foto rubate dalla vetrina del ristorante mostrano entrambi i commensali sorridenti. E il conto, alla fine, è stato portato al perdente delle primarie: "Se mi spieghi la metafora del tacchino, pago io", ha scherzato il sindaco di Firenze ricordando la storiella tormentone della competizione.


Che qualcosa fosse nell'aria si era capito dalla tarda mattinata, quando Renzi ha rotto il silenzio che durava da settimane. Silenzio criticato da Giorgio Gori. "In questi giorni ho ricevuto critiche anche da amici per aver mantenuto dopo le primarie il comportamento che avevo annunciato: no correnti, lealtà, rispetto", ha scritto su Facebook, "sarà bello il giorno in cui la coerenza di un uomo politico non farà più notizia".


Lui, anche oggi, notizia l'ha fatta. Bersani e Renzi avevano parecchie cose da chiarire, dopo la ruggine delle primarie. Il segretario non aveva compreso la durezza dell'ultima settimana di campagna, con l'affondo Di Renzi sulle regole. E il sindaco di Firenze, dal canto suo, era rimasto deluso dalla freddezza di Bersani nei confronti dello sconfitto. Non solo.  Renzi ha aspettato a lungo un segnale da largo del Nazareno. "Io resto a fare il sindaco, ma sono pronto a dare una mano se me lo chiedono", ha ripetuto più volte. Tanto che dopo diversi mesi si era fatto vedere alla direzione convocata prima di Natale per le regole sulle primarie per i parlamentari. E il segnale è arrivato e proprio nel giorno "dell'entrata a gamba tesa di Mario Monti" al Pd, come la sintetizzano al Nazareno.


Il colloquio e la sancita unità Bersani-Renzi dovrebbe frenare i tentativi di disarticolare il Pd. Nel corso del pranzo entrambi hanno considerato un errore la scelta di chi è uscito dal partito sbattendo la porta e denunciando la mancanza di pluralità. Non è un caso dopo il pranzo, Renzi abbia parlato proprio di questo. "E' normale che si possa restare dentro un partito quando finiscono le primarie, anche se si perde", ha sottolineato, "vedo troppa gente abituata a scappare con il pallone, io non sono fatto in questo modo". Niente fughe dunque, come quelle di chi lo ha sostenuto alle primarie e poi ha traslocato in casa Monti, da Pietro Ichino e Mario Adinolfi. Renzi rimane e avra' "un ruolo attivo", ha garantito Bersani. "La nostra forza è essere un grande partito popolare e pluralista, con tanti protagonisti e c'e' una sintesi", ha assicurato Bersani.

 

La sintesi nell'immediato va trovata non solo sulle idee quanto ma anche sulle liste. Renzi ufficialmente ha smentito che l'argomento sia stato toccato. "No, ma e' normale che un grande partito si parli di campagna elettorale", ha detto. Ma il sindaco avrebbe mostrato soddisfazione sia per l'esito delle primarie sia per la rappresentanza che avrà grazie alla lista bloccata. "Se perdo porto in parlamento un po' di amici", aveva detto Renzi. E gli amici destinati ad arrivare nelle Camere, secondo una stima renziana, sono la cinquantina di vincitori delle primarie di area, piu' altri 16-17 nomi da inserire nel listino, in base a un'intesa di massima concordata da Vasco Errani, emissario di Bersani, e Graziano Delrio, per Renzi.


Certe le candidature dei renziani vincitori delle primarie, Matteo Richetti e Dario Nardella in testa. Ora si tratta di definire la quota delle lista blindata in via di composizione e di recuperare, dove sia possibile, qualcuno degli esclusi eccellenti. Di certo entrara' nel listino Roberto Reggi, cosi' come Simona Bonafè e Francesco Clementi. La quadratura del cerchio per Bersani non sarà facile, con le varie anime del partito da accontentare in quella lista di 94-95 candidati scelti direttamente e in molti casi d'accordo con le federazioni locali e tra i 47 capilista.


Lo stesso segretario sarà testa di lista di certo nel Lazio e probabilmente in Lombardia e in Sicilia. C'è chi alle primarie è andato bene, come i fioroniani, così Beppe Fioroni che sarà capolista ha ben pochi dei suoi da piazzare. Non cosi' Area Democratica; i fedelissimi di Dario Franceschini sono al lavoro per cercare di salvare altre posizioni. I margini di movimento però sono pochi e concentrati in quelle regioni - Lombardia, Veneto e Sicilia - in cui il Pd spera di strappare piu' parlamentari del 2008, anche se questa volta dovra' fare i conti con Sel. Per mettere al sicuro quanti piu' candidati alle primarie possibile, tra cui hanno spopolato i giovani, si stanno verificando le liste per individuare gli ultraquarantenni da destinare al Senato. Ma e' un lavoro di grande delicatezza perché i deputati uscenti malvolentieri accetteranno di spostarsi a palazzo Madama. In questi giorni sono sfilati al Nazareno i rappresentanti delle diverse regioni, ricevuti da Enrico Letta e Maurizio Migliavacca. Tutto sarà chiuso entro martedì, quando è convocata la direzione nazionale.

Agi