Firenze, 25 novembre 2012 - SI CHIAMAVA  Massimo Trovò e aveva 49 anni il pregiudicato morto domenica alle tre del mattino a causa dell’esplosione dell’ordigno con cui doveva far saltare la cassaforte della Coop di via Vittorio Emanuele, a Dicomano.


L’uomo è stato identificato compiutamente dai carabinieri della compagnia di Pontassieve comandati dal capitano Stefano Fabbri che ora indagano sulla esatta composizione e provenienza della miscela esplosiva e per stabilire se la «batteria» composta da Trovò e dai suoi compici si sia appoggiata, in zona, ad un basista o a qualcuno che avrebbe ospitato i tre uomini. Secondo alcuni testimoni, infatti, il ladro avrebbe agito con altri due complici fuggiti subito prima dell’arrivo dei carabinieri. Porebbe trattarsi degli stessi coi quali Trovò tentò un colpo dinamitardo a una Cassa continua nel Padovano? Quel tentativo, nel 2009, culminò nell’arresto di Trovò. L’ultimo della sua serie. Comunque: muoversi dal profondo Veneto per un colpo in Toscana presuppone piani e supporti logistici precisi. Peraltro i carabinieri hanno ripreso in mano i fascicoli relativi a colpi dalle modalità del tutto simili, o addirittura uguali, a quello tentato in Valdisieve.
 

ORIGINARIO di Campolongo Maggiore, paese sui 10000 abitanti in provincia di Venezia, che deve la sua fama per aver dato i natali a Felice Maniero, per anni incontrastato boss (poi pentito) della Mala del Brenta, Trovò non era legato pare alla criminalità organizzata anche se due precedenti — traffico d’armi e omicidio volontario — appaiono decisamente gravi. Dall’imputazione di omicidio, nel 1992 a Fossò, altro piccolo comune dell’hinterland veneziano, ne era uscito assolto in Cassazione. Per l’ingiusta detenzione seguita a quell’accusa, Trovò era poi stato risarcito per ingiusta detenzione.
 

LE INDAGINI proseguono anche alla ricerca di riscontri tecnici. Il sostituto procuratore Luca Turco ha disposto un accertamento ‘qualitativo’ sulla esatta composizione dell’esplosivo usato per il colpo mortale a Dicomano. Sarà il Ris dell’Arma a riconfigurare con esattezza tipo di esplosivo, innesco, struttura dell’ordigno, artigianale e (si vedrà) quanto rudimentale. L’ipotesi è di un «kit» relativamente facile da reperire sul mercato criminale.
giovanni spano