Firenze, 25 ottobre 2012 - La voce è calma e determinata. Quella di una donna serena ma decisa. Una moglie amorosa ma soprattutto una mamma attenta e sempre ‘connessa’ ai suoi tre ragazzi, Francesco, Emanuele e la più piccola, Ester. «Non voglio che i miei figli odino la politica perché Matteo durante questa campagna per le primarie è spesso lontano. A loro ripeto sempre: questa cosa babbo la fa per tutti».
 

Agnese Renzi in questi giorni cerca solo serenità. Quella stessa che vuole che abbracci la sua famiglia. «Fate conto che io non esista», si schermisce quando la chiami anche solo per un saluto, «magari tra un po’ decido di parlare ma adesso è presto». Nonostante la fama crescente che circonda il marito lei, trentacinquenne intensa e semplice,
non è cambiata. «Sono sempre io—dice—e la cosa che mi interessa di più è che i figlioli non soffrano».
 

Capelli ebano, ricci ma da un po’ di tempo anche lisci che le donano, occhi verdi, un corpo da taglia 42, sempre in movimento tra casa e scuola perché Agnese Landini sposata nel ’99 a Matteo Renzi è un’insegnante precaria nei licei fiorentini. «Italiano, storia, latino, geografia sono le mie materie—racconta la first lady fiorentina che sbaraglia ogni schema di mondanità e presenzialismo, senza gioielli e macchinoni, poco trucco e molta cultura—ma che fatica il precariato! Il lavoro mi piace tanto e mi arricchisce ma ci sarebbero tante cose da cambiare. Saprei io cosa dire a qualche ministro. Ma non bisogna lamentarsi, meglio fare sempre al meglio il proprio dovere».
 

Disciplinata Agnese, «orgogliosamente di Pontassieve», anche lei capo scout come Matteo. Con lui il primo incontro proprio durante i raduni dell’Agesci: quindici anni lei, diciassette lui, un colpo di fulmine pieno di tenerezza e di speranze. Cattolici, cattolicissimi, e Agnese ha anche un fratello minore, don Filippo, che ha preso i voti due anni
fa. Una bussola spirituale comune che si trasforma in amore per la vita quando Agnese ha 17 anni e Matteo 19. «Io mi sono laureata in Letteratura italiana moderna e contemporanea e ho fatto poi la scuola di specializzazione
per l’insegnamento », racconta e la testa corre alle tante supplenze e ai treni pendolari presi e persi per andare a insegnare nello slalom faticoso tra i tanti ruoli che ogni madre lavoratrice conosce.
 

No, lei non vuole essere diversa da quella che è, non cerca il palcoscenico della «moglie di»: è gentile, schiva, sorridente, timida, preferisce la confidenza e l’affetto delle amiche dell’adolescenza. Finora in queste giornate calde della campagna per le primarie ha rifiutato copertine di magazine nazionali e interviste cubitali. «Adesso è il tempo di Matteo, e basta». Lei come moglie gli è sempre a fianco, anche quando lui è sul camper, col pensiero e sì, anche la preghiera.
 

«Quella stessa che ci ha aiutato sempre nelle scelte della nostra vita», confida Agnese che anche adesso che sta di casa a Firenze, nella collina che guarda l’Oltrarno, è rimasta la ragazza pendolare di sempre, quella dei treni popolari, senza posti riservati e privè. Non frequenta salotti, né politici né intellettuali a Firenze, mai vista a spasso nelle vie dello shopping, più facile incontrarla in libreria o intorno ai campi di calcio dove giocano i suoi ragazzi.
 

Segue il marito sindaco nelle occasioni ufficiali come l’ultima per il saluto al principe Alberto di Monaco e a sua moglie
Charlene: nessuna ostentazione, per Agnese solo qualche foto ricordo e poi a casa per i compiti dei ragazzi.
Senza nemmeno farsi vedere al Ballo del Giglio. Si concede solo il lusso del vestito lungo alle prime del Maggio Musicale, al debutto due edizioni fa con una mise rosa cipria e poi più di recente in chiffon giallo limone, sempre per la creatività di Ermanno Scervino stilista preferito da Agnese ma anche amico. E dire che tutti nella moda vorrebbero vestirla. Forse proprio questa schietta ritrosia fa parte di un carattere orgoglioso e tenace, lo stesso di tante altre giovani, mogli, madri e donne in carriera ventiquattr’ore su ventiquattro, maratonete della vita e
della quotidianità più feroce.