Firenze, 19 agosto 2012 - IL DOLORE l’ha spinto in piazza, la speranza gli ha dato la forza di raccontare la storia di suo figlio. Un fatto tanto privato che stranisce vederlo sbattuto su un manifesto, con la foto di un bambino di tre anni, smagrito, sofferente. L’hanno visto in tutt’Italia, in diretta da Taranto. A urlare contro l’Ilva e i suoi veleni. Non è stata un’esibizione strumentale, la sua. Non è stato un modo per mettere in svendita la malattia del suo bambino, Lorenzo. Mauro ha piacere che si sappia. «Non è facile a 34 anni trovarsi a combattere con la malattia di un figlio - dice -. Fronteggiando il dolore e la paura di perderlo da un momento all’altro, abbiamo imparato a vivere alla giornata, a goderci ogni singola emozione con lui. Ma vogliamo che si sappia che è diritto di ogni bambino nato sano, poter crescere in salute senza essere avvelenati da un impianto industriale fuori controllo».
LORENZO ha compiuto tre anni il 27 luglio, ha un tumore al cervello che gli è stato diagnosticato due mesi e mezzo dopo la nascita, quando è iniziato un calvario che l’ha portato 25 volte in sala operatoria. La famiglia, con babbo Mauro, mamma Roberta e il fratello Claudio di quattro anni e mezzo, si è trasferita, praticamente subito, da Taranto a Firenze.
«SIAMO VENUTI qui perché il nostro pediatra di riferimento ci ha detto che il neurochirurgo del Meyer, Lorenzo Genitori, è il migliore che c’è nel mondo. Ma saremmo andati ovunque per dare a nostro figlio la possibilità di continuare a vivere e di guarire».

 

Mauro, quando avete scoperto che Lorenzo soffriva di una forma particolarmente cattiva di tumore al cervello?
«Era un neonato, a due mesi e mezzo. Credevamo che avesse normali rigurgiti come tutti i bambini a quell’età, invece erano episodi di vomito. C’è voluto del tempo prima di diagnosticare la malattia».
A chi vi siete rivolti per capire?
«Abbiamo un pediatra privato, il nostro medico di fiducia. Inizialmente aveva pensato che si trattasse di un difetto alla valvola dello stomaco, poi, esclusa questa ipotesi, sono stati fatti molti accertamenti. Un’ecografia alla fontanella ha messo in evidenza che qualcosa non andava a livello del sistema nervoso, e con una risonanza magnetica è stato scoperto il male. Al policlinico di Bari ci dissero che c’era il bisogno urgente di un intervento al cervello e che a mio figlio restava poco da vivere».
Chi vi ha consigliato il pediatrico Meyer?
«Eravamo disposti a tutto. Avrei portato mio figlio fino in Australia pur di dargli un’opportunità di continuare a vivere. Ma il pediatra Forleo mi disse che avrebbe messo suo figlio solo nelle mani del neurochirurgo Genitori, del Meyer, il migliore al mondo. Così siamo partiti per Firenze».
Siete arrivati a Firenze e dopo un anno vi ci siete trasferiti.
«Sono partito da Taranto per cercare di risolvere i problemi di Lorenzo. Pensavo solo a quello. Mia moglie e io abbiamo fatto in fretta una piccola valigia. Lasciando Claudio, il nostro altro figlio che ora ha quattro anni e mezzo, dai nonni».
E’ stata dura, un percorso coraggioso.
«Siamo stati abbracciati da una citta’ meravigliosa. In un ospedale di grandissima eccellenza. Lorenzo ha trascorso i suoi tre anni di vita tra interventi e chemioterapie, quasi sempre al Meyer. E’ stato ricoverato in tutti i reparti, ha avuto 25 operazioni».
Ha dovuto chiedere il trasferimento. Ora lavora a Firenze.
«Il primo anno, grazie alla Misericordia di Rifredi e ai servizi sociali del Meyer, siamo stati ospiti in comodato gratuito in un appartamento. Io sono un tecnico della Marina militare, ho chiesto e ottenuto il trasferimento, prima a Livorno, poi a Firenze. Ora lavoro in via di Novoli e viviamo in un alloggio di servizio a Sesto Fiorentino. Posso solo dire grazie al ministero degli Interni».
Il suo manifesto a Taranto con il volto di Lorenzo ha commosso l’Italia, ma qualcuno l’ha criticata per aver strumentalizzato la malattia di suo figlio. Perché ha scelto di protestare con un gesto così forte?
«In nome di tutti i bambini nati sani che hanno il diritto di non crescere avvelenati e per tutti quelli che non ce l’hanno fatta. Volevo far vedere la situazione di mio figlio».
Ma i medici cosa le hanno detto, c’è un nesso causale tra la malattia di suo figlio e gli scarichi dell’Ilva?
«Può esserci. I gas di lavorazione del metallo sono tra gli inquinanti più pericolosi, è stata trovata diossina anche nel latte materno».
Lorenzo ha compiuto tre anni il 27 luglio. Non ci vede. Però lotta con tutte le forze.
«E’ un bambino di tre anni con uno sviluppo cognitivo di uno di sei mesi. C’è tanto cammino da fare e noi abbiamo tanta fiducia nella medicina. Anche il neuroncologo Sardi del Meyer è convinto che Lorenzo possa guarire. E magari tra qualche anno, con lo sviluppo della scienza, un trapianto di cellule staminali potrebbe riparare il nervo ottico e restituirgli la vista. Noi ci crediamo».