Firenze, 8 giugno 2012 - «Giovani attori con una buona attitudine al canto o a cantanti con attitudini attoriali, lavorereanno al Teatro della Pergola di Firenze: sono trenta. A loro saranno proposti ascolti e proiezioni di materiali documentari. Io la considero una palestra artigianale dello spettacolo popolare del primo Novecento».

Maurizio Scaparro uno dei più grandi registi italiani è a Firenze, al teatro della Pergola per preparare, prima aprendo un laboratorio teatrale ai giovani, e poi con il suo protagonista, Massimo Ranieri, «Viviani Varietà», spettacolo conclusione del 75° Festival del Maggio Fiorentino. Debutto in prima nazionale assoluta il 9 e il 10 giugno sempre al teatro della Pergola. Uno spettacolo importante che segna la ritrovata collaborazione tra Fondazione Teatro della Pergola e Maggio Musicale Fiorentino.

Scaparro, ovvero il regista che senza clamori, celebrazioni, senza quell’ immancabile commistione con la gran banalità mondana e la moda, va avanti dritto per la sua strada.

Maestro, perchè riproporre un autore come Viviani?
«Perchè, come osservava Vasco Pratolini “Viviani non sta alla finestra, ma sulla strada da dove nascono le cose”. Il popolo napoletano è solo un pretesto perchè diventa soggetto di poesia e, rappresentandosi, si rivela a se stesso. Un popolo che grida le proprie ragioni, che si giudica e si conforta. C’era in quegli anni ’20, un forte desiderio di cambiamento, di mettere in discussione con ironia, con lo scherzo, con la sorpresa, con il distacco anche malinconico, della vita. Non sembra sia cambiato molto, è vero?»
Massimo Ranieri, cioè la scelta migliore?
«Il teatro di Viviani è il teatro futurista di Marinetti: i grandi artisti di questa corrente sono stati Petrolini, Fregoli e anche Viviani. Dunque il teatro non solo come nobile forma d’espressione o disciplina artistica, ma anche come straordinario mezzo di comunicazione. Lo consiero luogo di compartecipazione ad altissimo valore anche formativo e, perché no, a suo modo strumento di rivalsa sociale. Il ragionamento è: per avere tutto questo in un sol colpo, quale migliore interprete se non Massimo Ranieri che, da scugnizzo a “cantattore”, come gli piace definirsi, trasuda passione per il palcoscenico anche quando interpreta una canzone?».
Scaparro, contaminazioni artistiche in scena?
«Viviani è poesia, è parola, è musica. Se potessimo, accanto a ricordi, nostalgie, rimpianti inevitabili nei confronti di quello che fu il “varietà”, cogliere anche quei fermenti, quelle sorprese, quelle vitalità che ne stanno facendo grande la storia ancora incompiuta, il risultato del nostro lavoro di palcoscenico sarebbe utile, forse anche felice, perché consentirebbe alcune riflessioni parallele al semplice divertimento».
Maestro, cosa l’ha colpita della vita di Viviani?
«Ecco, esatto. La vita di Vivani mi ha colpito. Non voglio rifare le sue opere, semmai voglio rivedere la sua musica, cantata dal più grande interprete italiano, Massimo Ranieri. Semmai ascoltare le sue poesi, recitate sempre da Massimo. E voglio essere lì, su quel piroscafo Duilio che lo porta a Buenos Aires. In quel posto con lui ad aspettare il passaggio dell’Equatore. In una sorta di attesa, di magia, di fermo del vivere e di smarrimento. Racconterò quella sospensione dell’anima, chi si aspetta che qualcosa accada».

Titti Giuliani Foti