Firenze, 11 maggio 2012 - ''Non crediamo affatto che Bernardo Provenzano, colui che diede l'ordine di uccidere i nostri parenti in continente, abbia tentato il suicidio, perché detenuto in un regime carcerario disumano. Di disumano nel 41 bis non vi è nulla, l'isolamento è il minimo che Bernardo Provenzano dovesse aspettarsi, quando lo hanno arrestato, di ordini di morte non può negarlo ne aveva dati anche troppi''.

Lo afferma Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili sottolineando che ''Provenzano si è messo un sacchetto in testa per fare un atto eclatante, infatti non è morto per fortuna''. Secondo Maggiani Chelli, ''il fatto è che il boss, mentre dava ordini di morte, e gestiva affari miliardari insieme a tutta l'economia italiana, non pensava davvero che prima o poi lo avessero messo in galera''.

''In questi ultimi tempi - aggiunge -, troppi i tentativi per Bernardo Provenzano di farlo uscire da 41 bis per dare così la stura all'atto finale dell'abolizione di questo regime inviso alla mafia, ma tanto necessario per macellai e affaristi come sono i boss di 'cosa nostra'. Una domanda però corre l'obbligo di porla, come mai Provenzano, a regime di 41 bis, aveva un sacchetto di plastica fra i suoi effetti personali? Davvero qualcosa non va nelle carceri e da tanto tempo: infatti si iniziò anni fa con la 'crostatina' nel giorno del compleanno di Provenzano, ora siamo ai sacchetti 'strappalacrime'.  Sperando di non vedere un'altra volta i figli di Provenzano con i microfoni in mano ad amplificare l'effetto 'sacchetto', diamo un consiglio: giratevi tutti per un attimo dalla parte di Caterina, Nadia, Dario, Angela, e Fabrizio morti a Firenze il 27 maggio 1993 per ordine di Provenzano e auguriamoci tutti che se davvero si è messo un sacchetto in testa Provenzano, lo abbia fatto perché la morte di bambini e ragazzi comincia a pesargli sulla sua lurida coscienza, e cominci a parlare''