Firenze, 13 febbraio 2012  - CELESTE è bellissima. Ha tredici anni, è a un soffio dai quattordici. Anno di nascita 1998, beata lei. Una bambina, poco di più. E si vede: dal viso, dagli occhi ganzi, dal sorriso, incappucciato nel vento di Santa Croce che soffia a due sotto zero. Non se n’è accorta invece la cameriera del William pub — birreria cult per i ventenni fiorentini e cuore pulsante (e alcolico) di Santa Croce — che stava versando mezza pinta di birra a una ragazzina di terza media. Non ci ha fatto caso. Le ha messo in mano un bicchierone da sei gradi. Per cinque euro. E via.

 

Celeste è venuta in giro con noi, di notte, perchè è parente di chi scrive e perchè è vispa al punto giusto da fingere naturalezza nel chiedere un drink in un locale da “grandi”. Con lei c’è un amico, Cosimo, due anni più “anziano”. In gamba, battuta pronta, smaliziato, ma nemmeno un pelo di barba in faccia. Un altro bambino insomma, un po’ più grande. Con loro abbiamo voluto verificare sul campo quanto siano ‘sinceri’ i gestori dei locali del centro che giurano e spergiurano che non sono loro a versare alcol al banco ai minori. Forse al William, il pub di via dei Magliabechi dove mesi fa una ragazzina “infilò” con gli amici in un giro di shottini senza fine stramazzando poco dopo, quasi in coma etilico, sui marciapiedi di via dei Benci stavolta lo sbandierato “codice di autoregolamentazione” non ha funzionato. Forse. Un caso isolato? Ne abbiamo un altro.


Subito, poco distante, al pub Australiano, altra centrifuga alcolica di livello, gettonatissima tra i diciottenni più freak. Celeste e Cosimo entrano e chiedono due “Rum e Pera”. Sapete cos’è? Uno shottino da far fuori in dieci secondi. Una piccola bomba. Si tracanna il rum e un attimo dopo si butta giù il succo per “ammortizzare” la botta del liquore. Si è fatto problemi a piazzare i bicchierini sul tavolo il barman? No, zero. “Non bevete fuori però, il vetro deve restare nel locale” la sua unica raccomandazione. Ci mancherebbe, c’avessero a beccare i vigili. Proseguiamo. Sono le undici, il freddo picchia. C’è pochissima gente nei locali. Andiamo verso il Duomo.

 

Siamo allo Shot Cafè, via dei Pucci, tappa fissa per gli studenti stranieri. Qui l’atmosfera è da melting pot. “Chiedete un Cuba Libre” diciamo ai nostri “baby complici”. Magari qui si faranno qualche scrupolo in più? Macchè. Dopo due minuti Celeste esce con il suo drink in mano (glielo beviamo noi, ci mancherebbe) e la faccia stupita. “Ti hanno chiesto nulla? Un documento?”. “Zero” sorride. E tre. Tre locali che non chiedono uno straccio di carta d’identità, non fanno una domanda, non si pongono problemi. Via verso San Lorenzo, zona Panicale, che è torbida di giorno, figuriamoci di notte. C’è un mini-market “alla fiorentina”. Ovvero due rotoli di cartigienica, tre pacchi di biscotti e qualche centinaio di bottiglie di alcolici. Il proprietario è straniero. “Provate a chiedergli una birra, ragazzi”. Detto fatto. Dopo un minuti sono fuori con la lattina. “Lo scontrino ve lo hanno fatto?”. Domanda quasi idiota ce ne rendiamo conto da soli. Chiusura del tour in zona Palazzuolo, il girone dantesco di Santa Maria Novella. C’è un wine bar, il “Sei divino”. Un ambiente soft, elegante pure. “Vai Cosimo, senti se ti danno un bicchiere di rosso”. Lieve tentennamento del barista (almeno stavolta) ma poi il “gottino” arriva. Otto euro, tra l’altro (ma questa è un’altra storia). Per ora facciamo cassa, che ai buoni propositi ci si pensa alla prossima.