Firenze, 7 luglio 2011 - UN TRENTENNE di Pontassieve, professionista «titolare di partita Iva» specifica la Guardia di Finanza, e un suo amico di Torino: sono i presunti ‘ladri di identità’ del ministro dell’Economia e delle Finanze professor Giulio Tremonti.

 

Avrebbero aperto un falso profilo Facebook del ministro, capace di calamitare in poco tempo quasi «5000 contatti». Già questo integra il reato di sostituzione di persona.
 

 

MA SI DEVE considerare l’«aggravante». Il peso specifico della ricaduta che ha avuto la vicenda: le forti perplessità, per non dire il mezzo putiferio nell’agone politico scatenato dai commenti apparsi sulla pagina del social network. In esso vengono infatti riportate, oltre alle considerazioni di migliaia di utenti, anche le (finte) risposte e le osservazioni del ministro su tasse, imposte, manovra finanziaria. Pareri assolutamente autorevoli (ma, lo risottolineiamo, falsi) che hanno da una parte destato entusiasmo in alcuni lettori, dall’altro profonde critiche e reazioni in altri. Un tarocco completo. Imbastito da mani esperte che hanno ‘postato’ messaggi ‘fuori protocollo’ che non passati certamente inosservati. Tutt’altro.
 

RAPIDA INDAGINE — fors’anche sollecitata da qualche esponente politico — e immediata verifica disposta dagli specialisti del Nucleo speciale frodi telematiche delle Fiamme Gialle, con sede a Roma, diretti dal procuratore aggiunto Nello Rossi e coordinati dal sostituto procuratore Giuseppe Corasaniti: contattata la direzione di Facebook (che, spiega una nota del Nucleo speciale frodi telematiche, «è stata tempestiva ed efficace») i militari sono risaliti agli indirizzi ip corrispondenti; i «log» con tutte le informazioni necessarie per attribuire con precisione ciascuna delle operazioni fraudolente compiute sul falso profilo di Tremonti.

 

La Finanza è cioè risalita alla configurazione del computer, o dei computer impiegati per attivare il profilo. Fino a ricavarne un «identikit dettagliato».

DA QUI sono spuntati i due nominativi, protagonisti d’una vicenda che richiama alla memoria i livornesi autori delle false teste di Modigliani, che anni fa sconvolsero il Gotha degli esperti di opere d’arte. Ai due non è bastato — spiega la Finanza — «sfruttare connessioni intestate ad aziende con cui avevano rapporti di lavoro oppure riconducibili ad amici e conoscenti». L’incrocio dei dati acquisiti ed analizzati ha permesso agli investigatori di perseguire gli autori in modo «chirirgico». Ciò nonostante che i collegamenti al social network siano avvenuti sempre da luoghi sempre diversi.
 

MESSI sulle piste di uno dei due ladri d’identità, quello toscano appunto, dai finanzieri di Roma, i militari del Comando Tenenza di Pontassieve sono andati a trovare a casa il sospettato.

Il maresciallo aiutante Alfonso Fragnoli, vice comandante della Tenenza, e il maresciallo capo Leonardo Lerede, si sono occupati in prima persona degli accertamenti. Lui, l’indiziato, avrebbe ammesso subito sostenendo che «è stata una burla».
 

Ma il reato di cui all’articolo 494 del codice penale non prevede la burla, bensì fino aun anno di reclusione in caso di condanna. Rischiano forse anche le aziende presso le quali erano avvenute le connessioni.