Firenze, 23 marzo 2011 - Massimo Montinari, dirigente dell'ufficio sanitario del VII reparto della Polizia mobile di Firenze, ritiene che alla base delle neoplasie sviluppate da molti militari non ci sarebbe l'esposizione all'uranio impoverito ma i vaccini, o meglio, ''le loro modalità di somministrazione, il mancato controllo dell'assetto immunitario di chi li riceve e alcune sostanze cancerogene usate come eccipienti''. La tesi è stata esposta nel corso di un'audizione presso la commissione d'inchiesta sull'Uranio impoverito del Senato.

 


''Molti militari ammalatisi - ha spiegato - non sono mai andati in missione e si sono ammalati anche dopo il periodo di ferma breve. La correlazione che ho trovato non è dunque con l'esposizione ambientale all'uranio impoverito. Se fosse questa la causa, servirebbe un'esposizione duratura o all'uranio impoverito o alle polveri contaminate dalle radiazioni di uranio che i militari non hanno avuto''. Il nesso e' invece con ''la vaccinoprofilassi cui vengono sottoposti periodicamente i militari, spesso inutilmente, senza controlli, senza verificare le loro condizioni cliniche e se gia' immunizzati, e con alcune sostanze usate per la somministrazione del vaccino, che hanno un effetto cancerogeno''.

 


Montinari si è riferito in particolare a un vaccino anti-tifico, il Vivotif (messo fuori commercio qualche anno fa), le cui capsule contengono sostanze canceregone. ''Si tratta di dell'etilenglicole, il dibutilftlato e il dietilftalato, idrocarburi e ftalati usati anche in vernici, inchiostri, fibre di vetro, sistemi di refrigerazione, che sono molto tossici per l'organismo - ha continuato - e tra gli altri effetti hanno tumori e sterilita'. Non e' dunque il vaccino a essere cancerogeno, ma la capsula con cui questo e' preparato''.

 


Un altro fattore di rischio è rappresentato dai metalli contenuti nei vaccini, come ''mercurio e alluminio - ha concluso - usati come eccipienti, che alterano la frequenza delle cellule e danneggiano il sistema immunitario.