Firenze, 28 febbraio 2011 - UNA GUERRA senza esclusione di colpi. E’ quella che infuria su e per gli autovelox. Da una parte l’Aduc, l’associazione in difesa di utenti e consumatori, che contro gli occhi telematici ha ormai scatenato una vera e propria crociata per difendere i cittadini dall’esoso multificio stradale. Dall’altra l’amministrazione comunale arroccata nella difesa del suo operato. «I limiti di velocità — ripetono sindaco e assessori — si rispettano. E’ una questione di sicurezza».
Il tema è anche politico. La giunta Renzi è costretta a rintuzzare i continui attacchi del Pdl che, ormai quotidianamente, denuncia i numeri delle multe elevate. «Ma il sindaco — insistono i consiglieri Marco Stella e Stefano Alessandri — non aveva detto di non voler usare un multificio per fare scorrettamente cassa ai danni dei cittadini?».

 

In trincea c’è il comandante dei vigili urbani, Massimo Ancillotti, più volte chiamato in causa per spiegare meccanismi e funzionamento delle odiate macchinette sparamulte. Ieri, però, la svolta. Ancillotti ha preso carta e penna. «Mentre continuano e si moltiplicano con sorprendente prolificità i commenti, le interrogazioni consiliari, le domande di attualità, le convocazioni presso commissioni consiliari dalla più svariata e diversificata competenza e le prese di posizione, anche di natura tecnico-giuridica, sulla presunta irregolarità di posizionamento e funzionamento dei dispositivi di controllo a distanza della velocità — scrive il comandante — pur tralasciando ogni altra considerazione mi preme solo chiarire un paio di circostanze». Una nota che trasuda esasperazione.
 

 

Prima di tutto una informazione utile ai cittadini a proposito dei 1400 ricorsi ai giudici di pace (la fonte è lo stesso Ancillotti) presentati contro le multe: «Mi permetto di precisare — sostiene il comandante — che, a fronte di ricorsi al giudice di pace effettivamente accolti, ci sono oggi, contrariamente a quanto finora riferito da associazioni varie e altri, decine di ricorsi di analogo contenuto parzialmente o integralmente respinti sia in relazione alla classificazione delle strade, sulla quale taluni giudici di pace non hanno rilevato irregolarità alcuna, sia in ordine alla pre-segnalazione dei misuratori di velocità, valutata adeguata». Non solo. «Siamo ancora in attesa — scrive il comandante — delle decisioni sui circa 1100 ricorsi presentati direttamente in prefettura ai sensi dell’articolo 203 del codice della strada su cui il Prefetto deve decidere entro breve tempo». In altre parole: i giudici di pace potrebbero essere smentiti in altri gradi di giudizio.
 

 

Il tema contestato è soprattutto quello della classificazione stradale: la definizione di strade a grande scorrimento urbano dovrebbe — secondo i giudici di pace — essere contenuta nel Pgtu (il piano generale del traffico urbano) approvato dal consiglio comunale, che fonda la definizione sull’analisi dell’intera rete stradale cittadina. Il Comune di Firenze, invece, ha fornito alla Prefettura una documentazione firmata dalla direzine mobilità, dai vigili urbani e dalla polizia stradale. Senza, quindi, un piano generale di riferimento.
L’altra considerazione riguarda invece la precisa accusa dell’Aduc al Comune che «avrebbe fatto carte false nella domanda di autorizzazione per gli autovelox al Prefetto, spacciando per strade a grande scorrimento urbano quelle che non lo sono (viale Etruria, viale Lavagnini, viale Matteotti, viale Gramsci, via Senese); carte false per le quali l’Aduc ha già chiesto l’intervento della Procura della Repubblica».

 

Bene. Quelle ‘carte false’ non sono piaciute a Ancillotti che ha chiesto all’Aduc di chiarire il significato dell’espressione poichè «la asserita falsificazione di documenti pubblici profila l’integrazione, neanche tanto vaga, di ipotesi di reato particolarmente gravi». E in questo caso il comandante avverte: «Mi vedrei costretto a tutelare il mio prestigio ed il mio decoro nelle opportune sedi giudiziarie». Visto anche che l’annunciato esposto in procura rende possibile — sostiene Ancillotti — anche il reato di calunnia.
La saga delle carte bollate, quindi, continua.