Firenze, 14 agosto 2010 -  IL DAVID di Michelangelo appartiene allo Stato. I fiorentini si mettano l’animo in pace e, soprattutto il sindaco Matteo Renzi (ma ci aveva provato anche il suo predecessore Leonardo Domenici) rinunci a chiedere di avere, quanto meno, una specie di compartecipazione agli utili sugli introiti della Galleria dell’Accademia. Il Ministro Bondi, per la prima volta, la mette giù netta: il David è dello Stato così come i circa 8 milioni di euro che i turisti, un milione e trecentomila provenienti da ogni parte del mondo, pagano ogni anno per ammirare le fattezze del ragazzo con la fionda che osò sfidare il gigante. A dimostrarlo è la dettagliata relazione di nove pagine redatta dagli avvocati Maurizio Raugei e Luigi Andronio a nome del ministero.

 


Raugei e Andronio ci vanno giù di sciabola. Primo punto: il Comune di Firenze (ente con ridotta autonomia gestionale amministrativa che nasce in epoca granducale fra il 1771 e il 1783, non può essere considerato l’erede diretto della Repubblica fiorentina che nel 1504 pagò i 400 fiorini per saldare il debito, contratto con Michelangelo dagli operai dell’opera del Duomo e dai Consoli dell’Arte della Lana che tre anni prima lo avevano commissionato per la cattedrale.

 

INSOMMA, la storia parla chiaro: altro che eredità della Repubblica fiorentina, allo Stato-città d’epoca comunale era subentrata la Signoria dei Medici, poi secoli dopo, il Granducato dei Lorena. "E’ — scrivono i due legali — una successione fra Stati, fino alla loro riunificazione nel Regno d’Italia, che non lascia spazio alla sopravvivenza di alcuna autonomia locale". Ma a tagliare la testa al toro, almeno dal punto di vista governativo, è il trasferimento del David nel 1872 dall’arengario di Palazzo Vecchio all’opera dell’Accademia. All’epoca il Comune non rivendicò alcuna proprietà e se è vero che partecipò alle spese per la nuova tribuna (allo Stato, tanto per cambiare, mancavano i soldi) è vero anche che pretese poi la restituzione della somma.
 

 

E L’ATTO del 1871 che certificava il passaggio di proprietà al Comune dell’intero Palazzo Vecchio e di tutte le statue presenti sull’arengario?
Anche su questo la relazione è chiara: esiste un rogito notarile del 9 novembre 1871 con il quale si procedeva alla consegna del solo edificio del Palazzo "con tutti i suoi annessi, infissi ed affissi e con tutti gli oggetti mobili tassativamente indicati in apposito inventario sottoscritto dalle parti» e sia nella legge delega che nel verbale di consegna «non si parla affatto della statua del David che pur aveva assunto nel frattempo enorme valore anche simbolico".

 

A chiudere la disputa poi ci pensano il delegato comunale Finocchietti, che nel novembre del 1871 relaziona al Consiglio comunale e non fa menzione alcuna della statua del David, e l’allora sindaco Ubaldino Peruzzi che il 12 aprile 1873 scrive al ministro "ribadendo che la statua del David era sempre stata del Governo e che proprio per quella ragione si chiedeva il rimborso del costo del trasferimento". E così, ‘venduto’ al prezzo di un trasloco, il David dal 1910 è inserito, al numero 257, nell’inventario della Galleria dell’Accademia. E Bondi, sollecitato dall’onorevole Gabriele Toccafondi a fare chiarezza, ora non ha alcuna intenzione di mollare la presa.