Firenze, 1 agosto 2010 - «ATTENTI al rischio che un pezzo di città diventi un’enclave cinese, soggetta a un dominio costruito con sistemi largamente illegali». L’assessore regionale al bilancio e alle finanze della Regione, Riccardo Nencini, raccoglie il grido di allarme dei commercianti e residenti del rione di San Lorenzo e delle zone limitrofe sul rischio di colonizzazione da parte dei cinesi.

 

«Da quando sono arrivati non si lavora più, ci mettono in ginocchio facendo prezzi stracciati e poi si presentano per comprarti l’attività. Stanno conquistando il cuore di Firenze», hanno detto i negozianti. Sono parole severe e preoccupate quelle di Nencini. «Ha fatto bene La Nazione — prosegue — a registrare i timori di chi lavora e abita in San Lorenzo. Il problema non è la presenza cinese ma il modo, il comportamento con cui i cinesi si muovono. E’ questo che emerge dalle testimonianze dei fiorentini: un messaggio da condividere, alla luce dell’esperienza cinese in altre realtà della nostra regione, d’Italia e anche all’estero.

 

Qui non è tanto in ballo il concetto di multietnicità. Affrontare la questione da questo lato secondo me è sbagliato, perché i cinesi — lo insegna l’esperienza — non sono multietnici. Lo sono i senegalesi, lo sono altri, lo sono i fiorentini nei confronti di altri. Non i cinesi, i quali si portano dietro una cultura imperiale e si muovono, come insegna il caso di Prato e non soltanto quello, per egemonizzare un quartiere, quindi un altro, fino ad acquisire il dominio del territorio. Come fossero a giocare a dama, il loro obiettivo è il dominio della scacchiera. Ma attenzione — continua Nencini — il problema non è confinabile a Prato. Quaracchi, Brozzi, San Donnino, parte della periferia di Sesto, di Peretola, sono pezzi della città, non enclavi lontane. In più, ora, c’è San Lorenzo...

 

Allora, se siamo in presenza dell’acquisto da parte di cinesi di banchi al mercato di San Lorenzo, di attività commerciali nel cuore di Firenze, occorre sapere se queste operazioni sono regolari oppure no, visto che altrove quasi sempre non è stato così. Bisogna verificare i flussi di capitali, chi sta dietro certe operazioni commerciali. Si tratta insomma di avere il controllo del territorio, di accelerare il processo di monitoraggio, estendere l’azione di verifica, di indagine. Ciò può e deve avvenire mettendo in campo tutti i soggetti che possono farlo, Asl, enti locali, Guardia di finanza, Inail, Inps, Agenzia delle entrate, Carabinieri del Nas, Polizia». Nencini rilancia l’urgenza di misure più stringenti sulle operazioni economiche che vedono protagonisti i cinesi. «L’esperienza di altre realtà — osserva — deve servire da lezione».

 

La Regione lavora da tempo sul fronte della lotta all’evasione con l’obiettivo di portare sotto un’unica regia, quella della regione appunto, i controlli di tutti gli enti. Un piano che rientra in un discorso più ampio, quello del federalismo fiscale in arrivo (in vista dei decreti attuativi da parte del governo), per cui Nencini propone di premiare regioni ed enti locali che saranno capaci di recuperare tributi evasi. E’ questa l’idea che sta alla base dell’intesa siglata con l’Anci, con premi ai comuni più bravi a scovare l’evasione, banca dati on line sui tributi, incroci di dati tra enti diversi per assicurare più efficacia e rapidità nei controlli. Ma non è solo il fronte fiscale lo strumento da usare per arginare il «pericolo di una invasione cinese anche nel cuore di Firenze». Nencini richiama l’esigenza di un accordo più ampio — un patto per la legalità, che deve diventare priorità per le istituzioni — perché i cinesi non si fermano solo con la lotta all’evasione, le loro aziende muoiono e risorgono con una facilità impressionante. ««Quando la Guardia di finanza entra in un’azienda cinese irregolare — prosegue l’assessore regionale — incontra una serie di illegalità diffuse, dai contributi non versati al mancato rispetto delle norme igienico sanitarie, al fatto che non vengono mai garantiti i minimi salariali previsti dai contratti, spesso allo sfruttamento del lavoro minorile. Non possiamo restare ciechi di fronte a tutto ciò. I casi di infortuni denunciati da aziende cinesi si contano sulle dita di una mano, i lavoratori cinesi iscritti all’Inps sono un numero irrisorio rispetto alla comunità orientale...

 

Per tutto questo, quando leggo il presidente del quartiere 1, Marmugi, che batte sull’importanza dell’essere multietnici, credo che sia un po’ troppo tollerante. Ripeto, non è la presenza cinese il problema, è il modo in cui la comunità cinese si muove, nell’illegalità». L’occasione per tenere gli occhi aperti e affrontare con forza il problema Firenze c’è l’ha ed è proprio «il patto sulla legalità», l’intesa siglata dall’Anci con la regione alla quale hanno già dato adesione numerosi comuni. Quello di Firenze dovrebbe farlo a breve.