Prato, 15 aprile 2010 - Paolo Benelli una delle più spiccate figure di uomini politici pratesi e toscane del dopoguerra si è spento ieri nella sua casa fiorentina. Aveva settantuno anni ed era da tempo ammalato. Era nato a Prato, città della quale, giovanissimo, fu vicesindaco per il Psi, e alla quale restò sempre fortemente legato, malgrado la politica ne avesse ben presto spostato l’attenzione a Firenze. Studi alla Normale, laurea in giurisprudenza, Benelli si distinse sempre, in periodi in cui in politica emergevano le doti individuali, per spessore culturale e autonomia di giudizio.

 

Nel 1978 Benelli entrò a far parte del comitato centrale del Psi guidato da Craxi e fu eletto segretario regionale. Due anni dopo venne eletto consigliere regionale, nell’85 fu vicepresidente della Regione e assessore al bilancio, quindi alla sanità, contribuendo alla tradizione che vuole quel dicastero spesso assegnato a pratesi: prima di lui, il comunista Vestri, dopo Alberto Magnolfi (Psi) e Claudio Martini (Pds, Ds). Nel 1990, al terzo mandato in regione, Benelli fu presidente del Consiglio, incarico che conservò fino al giugno 1993.

 

All’inizio del ’94 il coinvolgimentoi in Tangentopoli, l’arresto per le presunte tangenti nell’affaire dei lettori ottici alla regione Piemonte. nel marzo 2001 l’assoluzione in appello «perchè il fatto non sussiste». In primo grado era stato condannato a quattro anni e mezzo».

 

"E’ stato un maestro di politica, un grande tessitore e un grande socialista", lo ricorda l’on. Riccardo Mazzoni del Pdl. "Purtroppo rimase vittima della trappola di Tangentopoli che gli stroncò una carriera politica che lo avrebbe portato a sempre più prestigiosi traguardi. Era troppo tardi quando venne assolto da ogni accusa: ormai la Toscana aveva perduto una delle sue migliori figure risorse politiche".

 

"Aveva un’intelligenza raffinata e una cultura solida che traspariva in ogni istante del suo operare" ricorda Alberto Magnolfi, consigliere regionale del Pdl, Vite parallele, la sua e quella di Benelli. "E’ vero, ho qualche anno meno di lui e ho percorso i suoi stessi passi anche lui fu vicesindaco socialista di Prato, poi consigliere e assessore alla sanità in Regione. Fra noi il rapporto è sempre stato amichevole e affettuoso ma anche improntato a grande schiettezza e soprattutto al massimo rispetto". magnolfi ricorda con ammirazione Benelli per "l’intelletto raffinato, l’ impegno civile, la solida cultura basata sugli studi classici e che mergeva in epoche in cui in politica si guardava in faccia all’uomo". Magnolfi e Benelli hanno condiviso anche il destino in Tangentopoli. "La sentenza per lui fu che i fatti attribuitigli non sussistevano. Io purtroppo per vicende personali e familiari scelsi di non aspettare un verdetto lontano nel tempo e patteggiai. Per lui la sentenza fu pienamente liberatoria e ciò sollevò anche me".

 

Alla "grande dignità" con cui Benelli affrontò la vicenda processuale si riferisce vannino Chiti, Pd, vicepresidente del Senato, capogruppo Pci quando Benelli era assessore e "governatore" con lui presidente del consiglio. "Fantappiè mi riferiva che in carcere era sotoposto a tratamenti talvolta inumani cui lui faceva fronte con assoluta dignità e fermezza, come si conveniva a un uomo di saldissime convinzioni ideali e assoluta forza interiore. Un uomo che non ho mai sentito alzare la voce, neanche nei momenti più difficili".

 

Paolo Calamai, sul proprio sito ricorda "l’uomo di alta etica della solidarietà, che amava dichiarare:"'Uno Stato troppo grande per le cose 'piccole'". Paolo Noci ricorda l’amicizia intensificatasi quando le vicende avevano "ormai distrutto il nostro partito", e riferisce di aver sentito Benelli negli ultimi giorni, "quando la voce era flebile e già preannuciava la fine, eppure lui si mostrava apparentemente sereno anche nel rivelare di essere paurosamente dimagrito".