Forteto, l'oscuro miracolo economico: contributi pubblici per 2,5 milioni

Progetti mai realizzati, donazioni: una valanga di aspetti da chiarire / VAI ALLO SPECIALE FORTETO

Con la toga il sostituto procuratore Ornella Galeotti che ha rappresentato la pubblica accusa

Con la toga il sostituto procuratore Ornella Galeotti che ha rappresentato la pubblica accusa

Firenze, 26 giugno 2015 - Due milioni e mezzo. A tanto ammontano i contributi pubblici di cui ha beneficiato l’attività del Forteto. Ma il fiume di denaro scorso tra comunità, fondazione e cooperativa è stato difficile da quantificare per la commissione d’inchiesta regionale prima, e per il tribunale poi. Vediamo perché. Innanzitutto c’è una parte di finanziamenti finita sotto la lente d’ingrandimento della procura (un fascicolo a parte rispetto all’indagine che ha portato alla condanna per abusi sessuali e maltrattamenti del “profeta” Rodolfo Fiesoli e di quindici suoi fedelissimi) perché i progetti prospettati dalla Fondazione non sono mai stati realizzati. Per questa ipotesi di reato la procura sta preparando la richiesta di rinvio a giudizio per Luigi Goffredi, braccio destro del profeta, nonché presidente della Fondazione. Si parla di circa 90mila euro, percepiti dallo Stato o dalla Regione. Spiccioli, o quasi, visto che si parla di un colosso che, con la parte cooperativa, fattura una quindicina di milioni all’anno.

Ma le basi di questo miracolo economico sono forse da ricercare indietro negli anni, quando le leggi che disciplinavano il lavoro agricolo erano di meno e i controlli non erano troppo asfissianti. L’assetto di comunità, poi, ha permesso alla cooperativa (ecco un altro punto in cui mal si distingue il confine tra il profilo personale e quello lavorativo) di gestire somme che un altro tipo di azienda non avrebbe mai avuto a disposizione. Come è stato ricostruito anche durante il processo che ha inflitto condanne per quasi ottant’anni alla spina dorsale della comunità, e identificato come responsabile civile anche la cooperativa, tutti i membri della comunità non hanno mai percepito uno stipendio, ma le somme dei loro salari, ad esclusione delle 150mila lire (diventate circa 200 euro oggi) a disposizione di ognuno per le spese personali, sono sempre rimaste nella cassa della cooperativa. Non solo: tra lo stupore del presidente della corte Marco Bouchard, nel corso del dibattimento sono candidamente emersi artifici sui contributi ricevuti fino al 1992. Come? Semplice: per l’ente previdenziale, i soci erano dei lavoratori avventizi. Per tanto, nei periodi in cui non risultavano occupati, riscuotevano un’indennità e l’Inps provvedeva a coprire i loro contributi – come ha spiegato in tribunale Paolo Bianchi, testimone della difesa e attualemembro del consiglio d’amministrazione del Forteto – ma di fatto continuavano a svolgere lavori, anche se di altra natura, dentro la cooperativa-comunità.

Questi soldi “pubblici” confluivano sulla cassa comune, con la quale, successivamente, sono state comprate anche le azioni. C’è poi la parte degli affidi: il Forteto rinunciava automaticamente alle rette che i Comuni prevedevano in caso di accoglimento di minori. Ma si è parlato di donazioni, anche cospicue, che famiglie facoltose erogavano quando i loro figli venivano ospitati nella comunità. Di queste donazioni non è stata trovata traccia ufficiale.Ma non è certo l’unica stranezza della parte amministrativa. Cosa ci faceva ad esempio l’avvocato GiuseppeMalpica, fratello di Riccardo, ex direttore del Sisde, nel consiglio d’amministrazione a cavallo degli anni 90 di questa cooperativa agricola in Mugello? Un mistero che neppure il processo di primo grado ha saputo spiegare.

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro