Lando Conti, trent’anni di indagini. E quella rivendicazione al giornale

Il racconto del cronista Mario Del Gamba: "Chiamarono a casa mia". I dettagli dell'inchiesta sull'omicidio dell'ex sindaco

Mario Del Gamba sul luogo del ritrovamento della rivendicazione

Mario Del Gamba sul luogo del ritrovamento della rivendicazione

Firenze, 7 febbraio 2016 - Il doppio testimone: Mario Del Gamba, 84 anni, inossidabile cronista di giudiziaria, gentleman stimatissimo da giudici, procuratori, sostituti. Centinaia di articoli, inchieste, anteprime, verità ‘testimoniate’ sempre col suo stile asciutto, chiaro, incisivo, poco incline alle suggestioni. Si occupò dell’omicidio Conti, 10 febbraio ’86 al Ponte alla Badia (dove oggi all’ex sindaco nel biennio ’84-’85 è intitolata una via): andava in consiglio comunale in auto. Il commando lo eliminò a raffiche di mitraglietta Skorpion: la stessa arma impiegata dalle Br in successivi delitti. Testimone doppio, Del Gamba, perché poche ore dopo il delitto ricevette a casa la rivendicazione delle Brigate Rosse-Partito comunista combattenteCome andò? "Ricordo le prime notizie frammentarie sull’omicidio. Le prime ipotesi. Lo scenario cominciò a delinearsi il giorno dopo, in procura: c’erano Vigna dietro la scrivania ed il grande, grandissimo Gabriele Chelazzi". Chelazzi che nel ’92, avrebbe sostenuto l’accusa contro gli autori dell’agguato "Esatto. Dunque Vigna guarda una carta della Toscana e indica la zona tirrenica. Dice che la rivendicazione arriverà dall’ideale triangolo Viareggio-Pisa-Livorno:‘Sappiamo che qui c’è un covo’, dice". Non era ancora la vera ‘certificazione’ dell’omicidio.. "Tre giorni più tardi, le 19 passate. Sono al lavoro alla ‘Nazione’, mi chiama mia moglie Luciana: ‘Mario ha telefonato uno, mi ha chiesto se sono la moglie del giornalista. Gli ho risposto di sì e lui: ‘Davanti a casa c’è una fermata dell’autobus; e c’è un cestino. Lì dentro troverete la rivendicazione dell’attentato a Conti. Conclusero con ’abbiamo eliminato un nemico del popolo’ o qualcosa di analogo.." La corsa a casa "Prima dico a mia moglie di restare alla finestra e di controllare il cestino. Poi parlo col capocronista Antonio Lovascio. Mi dice che avrebbe avvertito immediatamente il direttore Tino Neirotti e la questura. Gli rispondo ok, va bene, però dammi mezz’ora per andare a casa altrimenti ce la sequestrano immediatamente. Arrivo in via Cigoli, una traversa di viale Talenti, prendo i guanti e cerco. Trovo un documento di dodici pagine, lo sfoglio, lo fotografiamo. Pochi attimi, in lontananza sento già le sirene, arrivano le macchine della questura". Il ritrovamento del documento fu preceduto dalla dichiarazione della brigatista Nadia Mantovani, in carcere a Napoli. E poi? "Ricostruisco con inquirenti e investigatori circostanze che assumono un significato diverso, come quello dei due ragazzi in moto notati in zona. Per giorni io e la mia famiglia siamo protetti, con discrezione". Sensazioni sul terrorismo che colpiva anche a Firenze... "E un personaggio di rilievo. Qui non eravamo abituati al terrorismo, po almeno non a quello che spara e ammazza in strada, anche se nel ’78 c’era stato il fallito assalto alle Murate in cui era stato ucciso l’agente Dionisi. Qui semmai c’era il terrorismo coperto. Penso al covo freddo brigatista in via Unione Sovietica, dove si riuniva la direzione strategica".  Questa la testimonianza rinnovata di Del Gamba su Conti. Disse anni dopo Giovanni Falcone: "Si incomincia a morire quando si è lasciati soli". Ecco: Conti fu preso di mira e forse isolato. Due circostanze fanno rabbrividire. "Nell’85 – raccontò la famiglia Conti – Democrazia Proletaria avviò contro di lui una campagna denigratoria. Firenze fu tappezzata di locandine con un facsimile di banconota da 100.000 lire, la sua immagine e la scritta SMA-Il Sindaco Conti mercante d’armi". L’altra inquietante avvisaglia: "Mesi prima dell’agguato i ‘ladri’ in casa ammazzarono un alano e un pastore tedesco, entrarono solo nella sua camera e rubarono documenti. ‘Furto anomalo’ dissero gli investigatori...".   

LE INDAGINI

Quattro i terroristi condannati dal I°grado (maggio ’92 giudice Armando Sechi, Pm Gabriele Chelazzi) per aver progettato e preparato l’omicidio: Michele Mazzei, ex operaio cassintegrato di C.Garfagnana, Fabio Ravalli e la moglie Maria Cappello, (Brigata ‘Luca Mantini’) operai tessili a Prato – già condannati per l’omicidio del senatore Dc Roberto Ruffilli (16 aprile ’88) – e Marco Venturini, fiorentino. Ergastolo a Mazzei, Ravalli e Cappello; 30 anni a Venturini; al momento dell’agguato avevano 32, 34, 32 e 22 anni. 2 le condanne minori. Per Chelazzi nel gruppo di fuoco c’erano 7-8 persone. Conti fu scelto perché collega di Spadolini, ministro della Difesa (‘della guerra’ per le Br) e detentore di una quota minima in Sma, apparecchiature ottiche anche a uso militare. Dopo gli omicidi D’Antona (20.5.’99) e Biagi (19.3.2002), il 2 marzo 2003 la sparatoria in treno ad Arezzo: morirono il br Galesi e l’agente Manuele Petri. Arrestati Nadia Lioce, poi Roberto Morandi, Cinzia Banelli, Simone Boccaccini, Marco Mezzasalma. Morandi e la Lioce erano stati ‘attenzionati’ negli anni ’80. Nel 2006 il procuratore aggiunto Fleury disse che «per l’assassinio mancano 5-6 forse 7 terroristi, 2 dei quali esecutori». Fleury e Giuseppe Nicolosi indagarono («attentato con finalità di terrorismo») 5 soggetti: 3 br in carcere e 2 fiorentini liberi, uno incensurato. La Digos perquisì le celle di Lioce, Morandi e Boccaccini e le case di 4 antagonisti. Ma nel 2009 Fleury annunciò l’archiviazione».   

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