"Caprotti datore di lavoro"

Il commento

Piero Ceccatelli

Piero Ceccatelli

Firenze, 3 ottobre 2016 - «Bernardo Caprotti datore di lavoro», si leggeva sul badge che il Signor Esselunga aveva appuntato sulla giacca blu all’inaugurazione del superstore che finalmente riusciva ad aprire a Prato, nel luglio 2014. Rimase sorpreso chi immaginava che uno come lui esibisse sul badge qualifiche più ufficiali e tradizionali quali presidente, amministratore o l’equivalente anglosassone delle definizioni dei vertici imprenditoriali. Invece, a ottantanove anni splendidamente portati, il sor Caprotti esibiva come una medaglia al petto la qualifica alla quale mostrava di tenere di più. «Ho scritto “datore di lavoro” perchè è il ruolo più importante che possa dichiarare.

Abbiamo migliaia di dipendenti e la più grande soddisfazione è constatare che per tutti loro e le rispettive famiglie Esselunga rappresenta una sicurezza, la base di una serenità che purtroppo vedo mancare per molte persone, di questi tempi». A chi faceva notare che “datore di lavoro” era conseguenza del suo essere comunque padrone dell’azienda, Caprotti rispose che nel mondo delle imprese e della finanza, fra holding e azionariati, tutto appare così mediato che dar lavoro a molte persone è la funzione più diretta e palpabile che potesse esercitare. Con quell’aria da gentiluomo d’altri tempi, Caprotti scambiava sorrisi e cordialità con le commesse, gli impiegati, i fattorini di cui era appunto «datore di lavoro» nel supermercato che finalmente riusciva a inagurare. Dopo una battaglia contro la burocrazia e la politica avviata a fine anni Novanta nella città all’epoca «rossa» e condotta con stile, pazienza, tenacia. Una delle sue tante battaglie da «falce e carrello».

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