Caso Forteto, «La Chiesa non ha preso le distanze; magistratura e politica erano a favore»

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Rodolfo Fiesoli, fondatore della comunità 'Il Forteto'

Rodolfo Fiesoli, fondatore della comunità 'Il Forteto'

di Gigi Paoli

Firenze, 30 giugno 2015 - La luce al posto del buio. Tutto qui, tutto molto semplice. Come la risposta alla domanda ‘perché un libro sul Forteto?’. «Perché non c’era, noi abbiamo solo acceso la luce su qualcosa rimasto al buio troppo a lungo», risponde Duccio Tronci che assieme a Francesco Pini ha scritto Setta di Stato, il libro uscito oggi che racconta la nascita e la metastasi del Forteto nel cuore della Toscana. «Credo che questa storia sia l’esempio di quello che non funziona in questo Paese – spiega Tronci – Sono passati anni e anni ma neppure oggi siamo in grado di dire se e quando mai Rodolfo Fiesoli andrà in carcere per quello che ha fatto».

Perché il titolo "Setta di stato"?

«Perché la setta è un insieme di persone completamente sottomesse e condizionate da una persona. Rodolfo Fiesoli, in questo caso. Una setta che si opponeva all’ ambiente esterno, allontanava dalla famiglia e usava metodi coercitivi».

E lo Stato?

«Messi insieme tutti i documenti appare evidente che lo Stato si sia girato dall’altra parte. Le anomalie della magistratura sugli affidamenti al Forteto sono sotto gli occhi di tutti; i servizi sociali hanno omesso controlli o controllato male. Anche i sindacati e il mondo delle cooperative hanno avuto un atteggiamento discutibile».

Anche la Chiesa ha le sue colpe, secondo voi?

«E’ un fatto che la Chiesa non sia stata distante da dinamiche che hanno portato alle omissioni di giustizia e politica. E’ come se ci fosse stato un alveo che portava tutto in una direzione favorevole al Forteto».

Cosa è stato più difficile? Ascoltare le vittime o scoprire i silenzi delle istituzioni?

«Ho ascoltato storie che fanno raccapricciare E’ allucinante quella dei genitori naturali finiti in carcere con accuse false di violenze da parte dei propri figli. Noi abbiamo solo unito i fatti: le vittime, il giudice che affida, i servizi che chiudono un occhio. E abbiamo fatto tutti i collegamenti. Che sono imbarazzanti. Io spero ancora che tutto sia avvenuto per incuria, ma le carte ci fanno temere che non sia così».

Potrà servire una nuova commissione d’inchiesta regionale?

«Per una parte del Pd è una buona occasione per staccarsi da un passato discutibile. Troppi politici si sono girati dall’altra parte ed è una cosa che ho ancora oggi difficoltà ad accettare. Ho invece qualche dubbio sulla commissione nazionale: a Roma avrebbero dovuto commissariare la cooperativa e non l’hanno voluto fare per salvaguardare, dice, l’aspetto economico. Ma a che prezzo? Le vittime hanno già pagato sulla loro pelle».

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