Mercoledì 24 Aprile 2024

L'omelia di Betori: "Promuovere il lavoro per ridurre la povertà"

Il cardinale ha sottolineato l'importanza di dare prospettive ai giovani / FOTO

Il cardinale Betori (New Press Photo)

Il cardinale Betori (New Press Photo)

Firenze, 25 dicembre 2014 -  «La promozione del lavoro e la salvaguardia dei lavoratori e delle prospettive di lavoro per i giovani sono elementi essenziali di una società che voglia dirsi giusta e voglia ridurre la diffusione della povertà». Sono parole  il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nell'omelia del giorno di Natale.

Betori ha sottolineato «il problema della deriva a cui è stata condotta la nostra società a causa di una concezione dell'economia legata al prevalere della dimensione finanziaria". "Quando l'accumulo del denaro - ha detto  - diventa fine a se stesso; anzi, quando si pensa che il denaro possa essere frutto del denaro stesso e non del produrre beni e dello scambiarli, chi ne soffre sono soprattutto quegli imprenditori e quei lavoratori che credono ancora che solo intraprendere, essere creativi e lavorare siano alla base della crescita e dello sviluppo di un popolo».

«I poveri - ha detto ancora Betori - non possono essere soltanto destinatari di gesti pur lodevoli e necessari di soccorso e solidarietà. Se ne ha ampia testimonianza in questi giorni natalizi e dobbiamo rallegraci che l'anima generosa della nostra città non si sia spenta, pur in tempi di crisi. Ma tutto questo non basta, non incide sulle radici della piaga della povertà, sempre crescente. Occorrono interventi organici, specialmente in tema di offerta di un tetto, ma anche di reinserimento in processi di valorizzazione delle persone e di utilità sociale».

 

«Non possiamo fare a meno di ricordare quanti, in questa notte, soffrono a causa della loro fede», ha detto poi il cardinale. «Lo sono - ha proseguito Betori - i profughi cristiani perseguitati in Iraq dal Califfato dell'Isis: come non pensare in particolare al sacrificio dei quattro ragazzi, tutti con meno di quindici anni, che hanno preferito essere decapitati piuttosto che rinunciare alla fede in Gesù?». «Ricordiamo ancora una volta - ha aggiunto il cardinale - Asia Bibi, condannata a morte per una falsa accusa di blasfemia, da cinque anni rinchiusa in carcere in Pakistan, e con lei uomini e donne che subiscono violenza a causa della loro fede in tante parti del mondo. Sembra che per loro il giogo dell'oppressione, la sbarra che grava sulle spalle, il bastone dell'aguzzino - evocati nella profezia di Isaia - , siano ancora attuali. Una responsabilità che dobbiamo sentire anche nostra, e indurci a sollecitare popoli e governi a rendere concreta anche per loro quella giustizia che è dono del Bambino che viene a noi come 'Principe della pace'»