Omicidio Ashley Olsen, parla il fratello del senegalese: 'Si voleva sposare'

Stupore e silenzi in via del Castagno dove viveva Cheik Diaw, il killer della statunitense

Cheik Diaw, il senegalese che ha ucciso Ashley Olsen

Cheik Diaw, il senegalese che ha ucciso Ashley Olsen

Firenze, 15 gennaio 2016 - VIA DEL CASTAGNO 41, un palazzo signorile vicino alla ferrovia. Forse il più bello della strada. E’ abitato da una decina di famiglie. Al terzo piano c’è un appartamento diviso in tre porzioni abitative da qualche anno. Una di queste è occupata da Amadou Diaw, fratello maggiore di Cheik, fermato per l’omicidio di Ashley Olsen. I due fratelli vivevano insieme e nella casa in questo periodo c’è anche il più piccolo della famiglia, un ragazzo alto e longilineo che gioca a basket e ha fatto qualche provino con società fiorentine.

Amadou, suo fratello non le aveva raccontato nulla del suo incontro con Ashley Olsen?

«Mi ha sempre detto di averla conosciuta quella sera ma di non essere coinvolto nell’omicidio».

Che cosa le ha detto, in particolare?

«Sono tornato dal Senegal soltanto venerdì. Cheik era a casa e quando l’ho visto mi è sembrato tranquillo. Poi sabato mi ha chiamato un amico del Montecarla dicendomi che la polizia gli aveva chiesto informazioni sul delitto e che lui aveva detto che mio fratello si trovava lì».

Allora che ha fatto?

«Ho chiesto spiegazioni a Cheik, ma lui ha detto che non c’entrava nulla col delitto. Allora io e i miei due fratelli siamo andati alla polizia alle 5 di mattina per chiarire la posizione di Cheik. Ci hanno detto di tornare qualche ora dopo e così abbiamo fatto. Lo hanno ascoltato e siamo tornati a casa».

Poi mercoledì notte è stato fermato.

«Ero fuori quando mi è arrivato un messaggio da mio fratello per avvertirmi che c’era la polizia a casa mia. Sono tornato ma l’avevano già portato via».

Cosa pensa delle accuse?

«Per come lo conosco io non è stato lui. Non deve essere una pedina sacrificabile, andrò fino in fondo e voglio vederlo di persona. Se poi ha fatto quello di cui l’accusano, allora è giusto che paghi».

Chi è, per lei, suo fratello?

«Non è cattivo e non è uno spacciatore. Non è nemmeno un clandestino: è entrato con il visto quattro-cinque mesi fa, poi gli è scaduto. Si voleva sposare con la sua ragazza italiana, avevano già ottenuto il nullaosta. Forse l’avrebbero fatto a Napoli, dove lei risiede, forse a Firenze. O forse sarebbe tornato in Senegal, dove studia. Non conosco i dettagli del suo piano».

NEI MESI scorsi sono venuti a Firenze anche i genitori dei fratelli Diaw, a trovare i figli, ma stavolta non ci sarà nessun viaggio. «Ho detto loro di non partire, mi occuperò io di tutto», chiude Amadou.

Nel palazzo di via del Castagno ieri c ’era poca voglia di parlare, ma un residente ha raccontato di aver sentito «rumori e poi le sirene. Solo in mattinata molti di noi hanno capito perché. E c’è perfino stato un breve black out». Tanti campanelli hanno suonato a vuoto, alcuni hanno preferito «non parlare», altri si sono fermati per dire di non aver mai visto Cheik in casa. Quasi tutti lo hanno conosciuto sulle foto pubblicate ovunque. Ed è stato uno choc sapere che viveva lì. In via del Castagno 41. In quel palazzo signorile.

 

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