{{IMG_SX}}Pisa, 27 giugno 2009 - PETTINATO, con il volto sbarbato e la camicia ben stirata. Sorride con gentilezza Renato, nonostante tutto. Si fida ancora del mondo. Lui che da un mese e mezzo chiede l’elemosina davanti alla sede delle poste centrali di Pisa e da tre anni vaga per il mondo. Ha 61 anni Renato e, come dice il suo cartello, è troppo vecchio per il lavoro e giovane per la pensione in un paese che dà ben poche chance agli over 50 senza un reddito. «In Italia sono almeno 70mila le persone nelle mie condizioni», dice con dolcezza. Mai una punta di rabbia nelle sue parole. Questo gentiluomo, che ogni mattina prende il suo panchetto e si siede in una zona molto transitata della città della Torre, attendendo «il gesto di qualche generoso», non ha perso la speranza. Ha un sogno. Dopo aver perduto il lavoro e la sua casa tre anni fa, vuole mettere insieme duemila euro per comprare una Panda usata e fare il rappresentante.

 

PERITO ELETTRONICO, originario della provincia di Ferrara, dove per anni ha avuto una società di marketing, poi chiusa per «l’avvento di internet», e dove è stato impiegato in altre aziende, tre anni fa è stato licenziato. L’impresa ha chiuso i battenti: «Avevo già 58 anni, ho cercato ovunque, ma ho trovato tante porte chiuse». Senza più entrate ogni mese, Renato ha dovuto lasciare la casa in affitto, vendere la sua macchina e trasferirsi in Toscana chiedendo ospitalità per la notte nei centri Caritas. Ora è nella struttura della Croce Verde di Lucca. Ha affrontato tutto da solo. Preferisce non far sapere ai suoi familiari, a cui fa visita ogni tanto, che ogni giorno si alza alle 5, beve un caffè, prende il treno che da Lucca lo porta a Pisa pagando rigorosamente il biglietto («Non mi posso permettere una multa») e si mette seduto sul suo panchetto in attesa che qualcuno, nel via vai caotico, lo noti. Alle 12.30 mangia un panino al bar della mensa dei ferrovieri, quindi percorre la stessa strada a ritroso e, una volta a Lucca, si rifugia nella biblioteca comunale dove legge per tutto il pomeriggio. La sera fa due chiacchiere con il suo compagno di stanza. «A niente è servito l’intervento dei servizi sociali nel mio paese», dice con la nostalgia negli occhi e, nonostante tutto, la voglia di ricominciare. In qualche modo. «So che il Comune di Pisa offre assistenza a chi ne ha bisogno, ma io non sono residente. A Lucca, invece, posso soltanto dormire perché un’ordinanza del sindaco vieta l’accattonaggio. Una persona che conosco tiene in cantina tutte le mie cose, in attesa che io possa riavere un mio spazio».

 

OGNI giorno Renato riesce a mettere insieme almeno 20 euro. «Con 10, mangio e pago il biglietto del treno — rivela con la naturalezza di un bambino — gli altri li metto da parte. Se riuscissi a raccogliere almeno 2mila euro, potrei comprarmi una Panda usata con cui tornare a fare il rappresentante. Per un periodo ho fatto anche questo». Ma, dopo il licenziamento, il buio totale. «Tra 4 anni avrò diritto alla pensione. Anche se minima, la mia vita cambierebbe totalmente. L’unico impiego che ho trovato in questi tre anni di stop forzato è stato a Rimini: ho sostituito per 12 giorni un magrebino che faceva pulizie in una tavola calda». «C’è una legge italiana, giustissima, che tutela i portatori di handicap. Perché non ne esiste una anche per chi ha più di 50 anni, ha lavorato una vita e ha perso ogni cosaa?», chiede a tutti.