"Chiude l’ospedale, noi senza lavoro": la protesta degli infermieri di Montelupo

"Licenziati con una raccomandata per sostituirci con una coop"

La sede dell'Opg di Montelupo Fiorentino

La sede dell'Opg di Montelupo Fiorentino

Montelupo Fiorentino, 1 marzo 2015 - Dubbi, punti interrogativi, preoccupazioni e perplessità. Tra i tanti nodi ancora da sciogliere, la chiusura dell’Opg – ormai vicina, è prevista per il 31 marzo – porta con sé un’unica, grande certezza: la lettera di licenziamento per una decina di infermieri, liberi professionisti e storici operatori sanitari all’interno della struttura montelupina. «Non abbiamo più bisogno di voi, arrivederci». Questo il contenuto, in sintesi, della lettera raccomandata che a metà gennaio 10 infermieri a partita Iva (di cui 4 non ancora in età pensionabile), si sono visti recapitare. Con grande amarezza. «Dal 31 marzo – si sfoga una delle infermiere ‘mandate a casa’ dall’Asl 11 – siamo senza lavoro. E questa è l’unica cosa certa in un abisso fatto di proroghe e ritardi».

Non ci sono soltanto gli agenti penitenziari a chiedersi quale sarà il loro futuro dopo il 31 del mese. C’è tutto un indotto, fatto di professionisti che per anni hanno prestato servizio all’interno dell’Opg. E che oggi, proprio come gli internati, aspettano di conoscere il loro destino. Voltare pagina e ricominciare. Sì, ma come? Dove?

«Lavoro all’Opg da 16 anni – racconta l’infermiera che ha deciso di rompere il silenzio anche a nome di altri colleghi e dipendenti della struttura – presto servizio anche alla casa circondariale di Empoli. Da metà gennaio le cose sono cambiate. Ci siamo visti costretti a dimezzare i turni di servizio; siamo stati avvisati dall’Asl che dal 31 al nostro posto subentrerà una cooperativa. La motivazione? In questo modo sarà migliorata l’assitenza infermieristica. E questo a prescindere dal fatto che ancora non si sa dove finiranno gli internati».

Ignorate, emarginate, umiliate. Si sentono così quelle persone che hanno dedicato una vita al servizio dei pazienti detenuti in viale Umberto I. «Ci siamo rimasti male. Ma siamo sicuri che lasciare tutto in mano ad una nuova cooperativa, di punto in bianco, sia la soluzione giusta? Non possono accusarci di non aver svolto il nostro lavoro al meglio. Per anni abbiamo lavorato a ritmi frenetici: di giorno, di notte, per le feste. Non ci siamo mai tirati indietro: la situazione, anche se migliorata gradualmente negli anni, è restata e resta difficile».

In prima linea c’erano loro, quelli che oggi sono stati esclusi dall’attività lavorativa. «Sì, lo scriva, sul ‘fronte Opg’ c’eravamo noi. Che abbiamo esperienza da vendere. All’interno dell’ospedale abbiamo fatto di tutto, sacrificandoci all’occorrenza: abbiamo pulito i bagni, fatto il bucato per gli internati, li abbiamo assistiti quando gli educatori non c’erano».

Tra meno di un mese a casa senza lavoro. «Diventa problematico cercare un altro impiego per chi come me ha due anni alla pensione. Molti di noi sono padri e madri di famiglia, ora dovremo reinventarci una vita. Come liberi professionisti non abbiano sindacati che ci tutelino, ma vogliamo far sentire la nostra voce e chiedere alle istituzioni di tenere presente la nostra difficile condizione».