Strage di alberi per la tempesta: i pini in città sono un bel guaio / FOTO

Dopo i danni del maltempo parlano i florovivaisti di Confagricoltura

Uno dei pini crollati in lungarno Alighieri a Empoli

Uno dei pini crollati in lungarno Alighieri a Empoli

Empoli, 28 luglio 2016 - «La cultura del verde urbano deve cambiare, a maggior ragione di fronte a fenomeni meteo complessi sempre più frequenti: per organizzarlo, i Comuni devono rivolgersi a esperti e avvalersi di consulenze specifiche, preziose in chiave sicurezza e in ottica risparmio». Francesco Mati, presidente nazionale e regionale della Federazione florovivaistica di Confagricoltura, prende la parola. E lo fa dopo il ko di pini e altre piante, avvenuto martedì pomeriggio in quella mezzora o poco più di bufera. La tempesta – tornata in maniera più blanda, ma con pesanti chicchi di grandine ieri in particolare su Montelupo – ha provocato più di una caduta tra rami e tronchi, finiti su case e strade.

«Il punto è che il verde urbano è una risorsa, ma deve essere ben selezionato e curato. In particolare nei primi due anni di vita, determinanti per la salute dell’arbusto – spiega Mati –. Il principio guida da applicare è semplice: a ogni luogo, la sua pianta. Il pino non è l’albero giusto per un contesto cittadino. E’ una scelta estetica del Dopoguerra che, dopo oltre cinquant’anni, si sta rivelando un bel guaio, tra radici a galla che sollevano asfalto e marciapiedi e scarsa stabilità». Ieri mattina, peraltro, un’anziana è caduta dalla bici nei pressi del cimitero di Brusciana. Parrebbe un malore, ma i familiari non escludono che tutto sia avvenuto proprio per l’impatto di una ruota con la radice di un pino.

Caratteristiche legate alla struttura stessa della pianta che «cresce in altezza e non può essere potata. Al suo posto, su Empoli, tra le altre, sono idonee piante come platano o nocciolo turco. Il primo tipico del di territorio, dalla crescita rapida e con grande capacità di filtrare l’aria, il secondo con

radici forti, adatte a terreni con asfalto e poca terra».

«Quel che va messo in evidenza è che una città omogeneamente verde abbatte numerose criticità – continua .– Riduce il rischio di malattie all’apparato respiratorio e il consumo di energia per sistemi di raffreddamento e riscaldamento, rendendo gli spazi più fruibili, qualitativamente migliori e attrattivi dal punto di vista turistico. Questo perché il patrimonio arboreo urbano, se efficiente, pulisce l’aria. Assorbe ozono e rilascia ossigeno». Se efficiente, però. «Certo – chiude Mati –. E per esserlo deve poter essere sostituito quando ha esaurito la sua funzione, ovvero dopo un periodo di 30-50 anni. E le piante devono essere manutenute»