"Il Papa mi ha dato coraggio per mio figlio"

Il bimbo è gravemente disabile. L'incontro con Francesco

L'incontro di Matteo con Papa Francesco

L'incontro di Matteo con Papa Francesco

Montelupo Fiorentino, 25 novembre 2015 - "Sono un bambino di 7 anni e scrivo questa lettera per mano di mamma. Mi chiamo Matteo e sono un angelo, per le persone vicine a me. A 7 mesi, dopo essere stato operato di tracheotomia per una broncodisplasia ho avuto un collasso cardiorespiratorio e ho riportato dei gravissimi danni cerebrali. Sono cieco, non cammino, non parlo. Sono rimasto solo con mamma quando babbo Vittorio a soli 46 anni è venuto a mancare. Babbo aveva un desiderio, portarmi a Roma per ricevere la benedizione dalle mani del Santo Padre». E queste parole hanno fatto breccia nel cuore del Papa. Bergoglio, a Firenze lo scorso 10 novembre, non ci ha pensato due volte a coronare il sogno della famiglia Gelardi ricevendo in udienza privata Alessandra Cianchi e suo figlio Matteo. E’ in quell’occasione che la storia di «mamma Sandra» e del suo «piccolo miracolo» è esplosa, uscendo dalle quattro mura silenziose di una semplice casa popolare a Montelupo. Ci voleva il carisma del Papa per annientare le angosce e le paure, e far conoscere al mondo la commovente lezione d’amore di una madre speciale. In quella stretta di mano con Francesco, la signora Sandra ha trovato la forza di reagire e raccontare una storia di profondo dolore e immensa dignità. Il coraggio. La forza.

Cinquant'anni e un vulcano di energia. Maga ai fornelli e pessima internauta – ha appena ricevuto in regalo un pc che le permetterà di riaffacciarsi al mondo documentandosi sulle associazioni alle quali aderire o sulle storie simili a quella di Matteo – Sandra Cianchi non si perde d’animo davanti alle avversità più aspre. Rimasta vedova due anni fa, si trova ad affrontare una quotidianità fatta di notti insonni, decisioni difficili, terapie da seguire insieme al figlio disabile al 100%, e grosse spese. Le uniche fonti di sostentamento la pensione del marito e l’aiuto dei genitori, senza il quale sarebbe davvero arduo sbarcare il lunario. La mamma coraggio di Montelupo si sveglia all’alba e inizia la giornata assistita per qualche ora da un paio di fisioterapisti, un operatore sanitario, un musicoterapista e un insegnante di sostegno che grazie ad un progetto di scuola a domicilio permette al bambino di frequentare la terza elementare.

«Ecco le pagelle scolastiche – le mostra con orgoglio – Di Matteo conservo tutto gelosamente». E dall’album dei ricordi spunta la foto di un bimbo sorridente, inconsapevole ma già attaccatissimo alla vita. «Questo è Matteo a 4 mesi. E’ nato con questa luce speciale negli occhi». Una luce per la quale la donna non smette di lottare, mai. «Siamo un’unica persona, noi due. Viviamo in simbiosi, ma non so cosa significhi essere madre. Sono infermiera, assistente, aiutante di mio figlio. Ma non ho mai avuto tempo di fare il genitore».

Una presa di coscienza dura che lascia subito spazio alla voglia di uscire dal guscio. La mamma di Matteo grida il suo bisogno di tornare a vivere: «Vorrei farmi portavoce di quelle famiglie che si trovano ad affrontare i miei stessi problemi. Alle mamme come me dico che non sono sole. Vorrei conoscerle, confrontarmi, scambiare opinioni ed esperienze. L’unione fa la forza, no? Insieme potremmo dire basta ai tagli alla sanità. Lottare per la realizzazione di centri diurni che possano permettere ai familiari una vita diversa. E che possano tutelare i nostri figli quando non ci saremo più».