Ismet, l’uomo che non esiste. Non ha passaporto o altri documenti

Era arrivato dall’ex Jugoslavia. Carte scadute, nessuno lo vuole più

Thaki Ismet. Foto Gianni Nucci/Fotocronache Germogli

Thaki Ismet. Foto Gianni Nucci/Fotocronache Germogli

Empoli, 26 luglio 2016 - Di nessuno. Senza una patria. Senza una nazione cui tornare e della quale essere cittadino, con tutto il bagaglio di diritti e doveri che ne consegue. Senza un documento di identità valido e senza la conseguente possibilità di avere un permesso di soggiorno, sinonimo di possibilità di lavorare e di avere una vita. Magari difficile, ma fatta di impegni cui far fronte e affetti, come la figlia, cui poter badare e cui poter stare vicino. Una storia da film. A tratti vicina alla trama di «The Terminal», pellicola datata 2004, dove Tom Hanks presta il volto a Viktor Navorski. Un cittadino di un’immaginaria nazione dell’Europa dell’est, dopo un colpo di stato consumato mentre lui è in volo, in trappola all’aeroporto internazionale “Kennedy” di New York causa passaporto privo di validità. Ecco, a Fucecchio nelle stesse condizioni c’è Ismet Thaki, 58 anni, cittadino della ex Jugoslavia. La sua storia è realtà. Nessuna interpretazione, nessun ciak, nessuno regista a dettare le regole. Semplicemente una storia di ordinaria burocrazia. In Italia dai primi anni ’90, quando arrivò per fuggire dalla guerra, il 58enne oggi di fatto è senza una patria. Il suo passaporto è scaduto nel 1997, il 16 marzo. L’uomo si è trovato senza un qualche documento che potesse utilizzare per richiedere un permesso che legittimasse la sua presenza sul territorio italiano. Dove aveva lavorato pagando contributi e tasse fino a pochi mesi prima.

E vista la mancanza di documenti di identità e con l’attestazione delle ambasciate degli Stati della ex Jugoslavia secondo cui il 58enne non risulta cittadino di nessuno dei nuovi ‘nati’, non gli è consentito nemmeno di espatriare per regolarizzare la sua posizione in patria. «Sono anni che questa storia va avanti – racconta Thaki, rivoltosi anche a un legale – Nonostante avessi un lavoro, prima nel settore conciario, poi come meccanico, ho perso tutto. E anche se ho avviato un’attività in proprio non posso di fatto lavorare perché non avendo documenti e permesso di soggiorno non ‘esisto’. Non posso pagare tasse e contributi». Avrebbe lavoro, visto che è assai conosciuto nella zona del Cuoio, ma non può svolgerlo. «Negli anni mi sono rivolto alla questura di Pisa, poi a Roma alle ambasciate di Croazia, Slovenia, Bosnia, Macedonia e Serbia – prosegue – Ma non risulto cittadino di nessuno di questi paesi. E resto bloccato. Ripeto, anche avendo aperto una ditta individuale, non posso portare avanti la mia attività».

E’ una situazione paradossale. Complicata. Il famoso ‘cane che si morde la coda’. «Ciò che stiamo cercando di ottenere con il mio avvocato è quanto meno un permesso di soggiorno temporaneo – spiega –. Un documento che mi permetta di lavorare e sopravvivere. Ho una figlia nata qui da una relazione, ma non posso prendermene cura. Come vivo? Sono ospite di amici che mi hanno messo a disposizione una casa a Fucecchio. Cerco di fare qualche lavoretto quando capita. Anzi, ne capitassero...». Altrettanto quando capita, mangia. La realtà delle giornate dell’ex cittadino jugoslavo oggi senza né arte né parte è questa. In attesa che qualcuno si faccia carico della sua situazione. «Non chiedo niente se non avere un documento valido e possibilità di poter lavorare. Onestamente, senza gravare su nessuno – sottolinea, con garbo e grande umiltà – Ci siamo rivolti anche al Ministero dell’interno chiedendo mi venga riconosciuto lo status di apolide. Siamo in attesa. Da anni ormai aspetto di ricevere un foglio che mi permetta di tornare a vivere».