Violenza sulle donne, 7 casi al mese nell'Empolese, bilancio del codice rosa

Da gennaio a settembre sono stati 67 gli accessi 'Codice rosa' al San Giuseppe di Empoli

Un ospedale (Foto di repertorio)

Un ospedale (Foto di repertorio)

Empoli, 16 novembre 2016 - Una media di sette al mese. Da gennaio a settembre, sessantasette accessi in pronto soccorso. Tutte donne, tranne quattro minori. Maltrattate soprattutto in famiglia. Tra le mura di casa,dove sotto le mentite spoglie dell’amore, spesso si nasconde il carnefice. Colui che alza le mani,calpesta autostima, toglie sicurezze e talvolta, drammaticamente,la vita. Lo raccontano i numeri del ‘Codice rosa’, triage di pronto soccorso riservato a chi deve fare i conti con la violenza. Fisica ma anche psicologica. «Uomini, donne,anziani e bambini: il codice rosa è per tutti coloro che hanno subito maltrattamenti. Dall’abuso allo stalking al bullismo», spiega chi ne mastica ogni giorno. Come Maria Claudia Papa, medico del pronto soccorso di Empoli referente del progetto, e Sonia Gasperini, infermiera referente per la formazione codice rosa della Asl Toscana centro.

«Il dato è stabile, ma non di facile interpretazione – sottolineano – Anche perché accanto all’accesso in pronto soccorso, ci sono altre modalità per chiedere aiuto. Dai servizi socio sanitari al centro antiviolenza, passando per medico e pediatra, a esempio». Tornando ai numeri, nei primi nove mesi dell’anno, il San Giuseppe ha accolto sessantatré donne, «sette vittime di sospetto abuso, le restanti di maltrattamenti in famiglia. Quattro invece i minori di entrambi i sessi, uno soltanto sospetta vittima di abuso, gli altri arrivati per maltrattamenti subiti in contesto familiare».

Guai a chiedere un identikit della vittima. «Non esiste – precisano Papa e Gasperini –. Non c’è prevalenza di età né di ceto sociale o culturale. Ci sono anche presenze maschili, soprattutto fra i minori: ragazzi ‘grandi’ alle prese con episodi di bullismo». Anche questa forma di violenza può essere curata nella stanza rosa dove il paziente è al centro di un sistema di cura che ‘va’ da lui. «Sono pochissimi casi – precisa il medico–. Se non ci sono lesioni fisiche, ci si rivolge ad altri servizi. A esempio, da noi non abbiamo vittime di cyber-bullismo, eppure ne esistono.Il nostro primo obiettivo?Far sentire loro che li prendiamo sul serio e che non li lasciamo soli». Del resto, codice rosa è «rete di competenze medico sanitarie, forze dell’ordine, associazioni,strutture: il messaggio che cerchiamo di far arrivare alle vittime è che le prendiamo totalmente incarico». Insomma, il codice rosa va oltre i corridoi dell’ospedale.