Costretto a vivere in macchina, "Cerco un lavoro per ritrovare la mia dignità"

L’appello di un uomo costretto ad ‘abitare’ nella sua macchina

L’auto, piena delle cose di una vita, in cui A.C. passa le sue giornate. Le notti le trascorre alla Casa Albergo

L’auto, piena delle cose di una vita, in cui A.C. passa le sue giornate. Le notti le trascorre alla Casa Albergo

Empoli, 25 marzo 2017 - «Un garage dove poter mettere le mie cose. Un lavoro per poter andare avanti e magari una casa dove poter tornare a vivere dignitosamente». E’ quanto chiesto da A. C., 51 anni, originario di Lastra a Signa ma da anni residente a Empoli. Un uomo che ha voglia di fare, di rimboccarsi le maniche e di ritrovare la sua strada, ma che si è trovato di fronte a troppi ‘no’. «Non chiedo la luna – spiega con umiltà e decisione –. Chiedo una mano per andare avanti. Non posso continuare a trascorrere le giornate, girando a vuoto oppure nella mia macchina, ormai ridotta a un guardaroba».

A.C. ci ha messo tutte le sue cose dopo che l’ultimo padrone di casa, nel gennaio 2017, lo ha messo alla porta, dopo mesi difficili. «In quella casa nel Vinciano – racconta - io e mia moglie, dalla quale sono separato dal 2016, e mio figlio minorenne ci siamo trasferiti dopo aver ricevuto lo sfratto dalla nostra casa di Empoli. Nel 2012 ho perso il mio lavoro da autista per una cooperativa: loro sono falliti, io mi sono trovato a quasi 50 anni con la voglia di ripartire e poche, per non dire nessuna, possibilità per farlo». Una situazione estremamente complicata.

«Mia moglie adesso vive con nostro figlio tra parenti e casa famiglia, messa a disposizione dai servizi sociali. Io? Io dormo alla Casa Albergo di Empoli: arrivo lì alle 20 di sera e ci rimango fino alle 7 del mattino, poi riparte la routine di solitudine e disagio. E’ quanto sono riusciti a fare per noi i servizi sociali». Poco, a suo dire. «Ci sentiamo lasciati soli, c’è poco da fare – commenta –. Da italiani ci sentiamo meno tutelati rispetto a quanto avviene per gli stranieri, c’è poco da fare. E’ doloroso ma è così. Sono contento che le istituzioni si sentano orgogliose di poter accogliere i rifugiati, ma servirebbero risorse e attenzioni anche per le nostre esigenze».

A.C. ha bussato più volte, a suo dire, alle porte del Comune. «Ho parlato con assessori, con addetti, ma sembra non ci siano soluzioni», ricostruisce l’uomo che negli anni scorsi ha scritto anche al presidente della Repubblica per denunciare la sua situazione apparentemente senza via d’uscita.

«A fine 2014 – ricorda – davanti alla nostra domanda di accesso agli interventi per l’emergenza abitativa, ci hanno risposto che dall’esame della nostra situazione familiare ed economica, non sussistevano le condizioni per accogliere la richiesta». Insomma, la situazione è chiara, come l’appello del 51enne. «Non voglio l’elemosina – mette in chiaro –, cerco una stanza dove appoggiare le mie cose, pagando anche un piccolo contributo del budget mensile che ho a disposizione grazie ad amici e parenti: non posso continuare a tenerle stipate in auto, rischio anche che qualche malintenzionato le rubi: ci hanno già provato. E poi sono qui, a disposizione per ogni tipo di lavoro: ho la patente per il camion, per carrelli elevatori. Datemi una possibilità».

S.P.