di SAMANTA PANELLI
Empoli, 29 agosto 2016 - «Comignoli e campanile della chiesa sono girati. Come se qualcuno li avesse svitati. E ad Arquata del Tronto è il delirio: il paese è spianato». Fabio Pontremoli, 39 anni, venti trascorsi in polizia, è partito. Lasciati a Certaldo i panni di assistente capo della Polstrada di Empoli, non ha resistito alla voglia di dare una mano a chi è alle prese con le macerie. O, peggio ancora, con familiari o amici ancora sepolti sotto un cumulo di polvere e pietre. Lì, in quel pezzo d’Italia stretto tra Lazio, Umbria e Marche, la furia del terremoto ha cancellato storie di vita e progetti.
Che ci fa là?
«Provo ad aiutare questa gente. E’ un istinto, niente più: altrimenti non farei il lavoro che faccio».
E’ a Castelluccio di Norcia, provincia di Perugia. Perché proprio lì?
«E’ il mio rifugio, un territorio cui voglio bene. Mi ha regalato molto in termini di emozioni e adesso è l’ora di ‘restituire’, rimboccandomi le maniche».
E quindi, cosa sta facendo?
«Quello che si può. Tra strade da ‘visionare’ e tende da montare. La situazione più grave si registra in centro: è chiuso. E la gente, una ventina di persone vive in tenda. I soccorritori lavorano alla messa in sicurezza».
Nessun morto nel borgo dove ha messo le tende (e non è un modo di dire), diversa la realtà a pochi chilometri...
«Ad Arquata del Tronto è un dramma: ho fatto tappa lì l’altro giorno per lasciare circa due quintali di bottiglie d’acqua. Sono partito da casa con quella scorta, la tenda e poco altro».
Il kit di sopravvivenza?
«Non è la prima volta che mi imbarco in situazioni simili: con amici siamo stati ad Aulla nei giorni dell’alluvione, da poliziotto sono stato a Sarno quando una frana devastò il paese. Non serve portarsi dietro molto».
E ad Amatrice c’è stato?
«No, ma conosco chi ha dovuto fare i conti con la tragedia: un caro amico che ha salvato sua figlia, scavando con le sue mani, niente ha potuto per cognata e nipote: sono morti, lui ad appena 11 anni».
Cosa riporterà da questo 'viaggio'?
«Il senso di solidarietà scattato tra i terremotati, la capacità di farsi forza».
Non c’è paura?
«Certo, a ogni scossa chi ancora ce l’ha corre fuori casa. Gli altri lasciano le tende. Ma, in fondo, al terremoto qui sono ‘abituati’».